Siamo al terzo libro della saga western, e i personaggi che ritroviamo in questo libro sono gli stessi della Scotennatrice.
Tipico degli scrittori di avventura il riprendere i personaggi per nuove avventure. Anche se, l’abbiamo visto con il video messo nell’altro articolo.
Il nostro autore era vessato dagli editori con contratto capestro per cui era obbligato a fare quattro romanzi all’anno.
Ora l’estro non è mai a comando e quindi al nostro conveniva usare un personaggio noto che attira il lettore, la cui storia nasce quasi spontanea dalle mani dell’artista.
Un trionfatore dell’immaginazione e uno sconfitto della vita.
In questo libro la lotta è ancora aperta tra Minnehaha, la più feroce tra i Sioux, e John, l’indian agent che per sua mano ha perduto la propria capigliatura.
Le tribù indiane hanno ora un nuovo soprannome, le Selve Ardenti, ma continuano a portare il terrore e la devastazione nelle praterie, e soprattutto la morte tra gli uomini bianchi che inseguono febbrilmente.
I colpi di scena si susseguono a ritmo incalzante e, ancor più che nel precedente romanzo Salgari abbandona la storia originale, che funge sempre più da puro sfondo, per puntare la sua attenzione sulle vicende personali dei protagonisti.
Così, tra cariche di cavalleria, inseguimenti mozzafiato e scontri sanguinosi tra due popoli animati da un profondo odio, si dispiega l’avventuroso mondo del Far-West, e la lotta esigerà le sue vittime, sia tra le file dei Sioux che tra quelle degli amici del Colonnello Devandel.
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Emilio Salgari 100 anni dopo