La rappresentazione di “Héroïne” in scena fino al 12 ottobre all’Opéra National de Lorraine a Nancy ha affascinato con un triplice ritratto di figure femminili che sfidano i limiti imposti dalle convenzioni sociali e religiose, attraverso tre opere straordinarie.
La prima parte ha visto protagonista Sancta Susanna di Paul Hindemith, un’opera che esplora la trasgressione religiosa e la lotta interiore della protagonista. Susanna, una giovane suora, vive un conflitto tra desiderio e fede, portandola a un gesto estremo di ribellione. La sua “possessione” è stata rappresentata in maniera forte, in una messa in scena cupa e carica di tensione.
La seconda parte, con Le Château de Barbe-Bleue di Béla Bartók, ha mostrato la curiosità insaziabile di Judith, che decide di aprire le porte del castello del suo sposo Barbe-Bleue, rivelando verità oscure. Questo atto simbolico rappresenta il coraggio di esplorare l’ignoto, ma anche il prezzo della conoscenza proibita. L’interpretazione vocale di Rosie Aldridge (Judith) e Joshua Bloom (Barbe-Bleue) ha creato un duetto di intensità emotiva e drammatica.
La terza parte, che ho trovato particolarmente toccante, è stata La Danse des Morts di Arthur Honegger, un oratorio che esplora la morte e la speranza della resurrezione. La narrazione si sviluppa in un dialogo tra una voce recitante e un coro, in cui la morte e la vita danzano in un gioco di tensioni. La regia di Anthony Almeida ha saputo bilanciare la profondità tematica con una scenografia spoglia ma potente, capace di amplificare la forza delle interpretazioni.
Nonostante l’eccesso di nero nella scenografia abbia reso le scene visivamente pesanti, l’interpretazione musicale e la regia hanno regalato un’esperienza intensa, capace di mettere in evidenza la forza interiore e la complessità delle protagoniste femminili, rendendo la serata memorabile.
Giovanni Chiaramonte.