Pare che il capitalismo abbia forse scoperto di poter fare a meno della democrazia. Certo, suona come una provocazione, ma guardando più da vicino ciò che è lo spirito dei tempi, c’è del vero. Ciò che una volta sembrava un incastro possibile, tra capitalismo e democrazia, oggi sembra traballare sotto il peso delle disuguaglianze, del potere delle multinazionali e delle big tech e della crescente apatia politica o meglio della disaffezione al voto e alla politica.
Abbiamo creduto ad una illusione che ci hanno venduto e per un dato tempo, cioè che le vicende del capitalismo e della democrazia coesistessero e che fossero inseparabili e complementari. Il capitalismo portava prosperità economica, mentre la democrazia garantiva libertà e diritti. L’Occidente, una parte di esso, ha prosperato su questa visione, vendendola come il pacchetto completo della modernità.
Negli ultimi decenni, il capitalismo ha iniziato a mostrare segni di insofferenza verso la democrazia. Le grandi multinazionali, con i loro budget stratosferici, hanno iniziato a dettare legge ai governi, influenzando politiche e decisioni a proprio vantaggio. La democrazia, con le sue lunghe discussioni parlamentari e i suoi processi decisionali lenti, sembrava un ostacolo al rapido profitto. Insomma, il capitalismo ha iniziato a pensare che forse poteva cavarsela da solo.
E così, il capitalismo ha iniziato a guardarsi intorno, flirtando con altri sistemi. Le autocrazie, con il loro decisionismo e la loro capacità di imporre cambiamenti senza troppi dibattiti, hanno iniziato a sembrare attraenti. Un ipotetico sistema capitalistico fiorente che cresca senza la “zavorra” della democrazia. Certo, ci sono dei piccoli dettagli come la censura e la repressione, ma chi ha tempo di pensarci quando i profitti sono alle stelle?
Nel frattempo, la democrazia ha iniziato a perdere il suo appeal tra i cittadini. Voti in calo, disillusione e apatia politica sono diventati la norma. Le persone si sentono sempre più distanti dai processi decisionali, convinte che nulla cambierà davvero. In questo scenario, il capitalismo può prosperare senza dover preoccuparsi troppo delle richieste di partecipazione democratica.
Ci aspetta dunque un futuro in cui le elezioni sono sostituite da assemblee aziendali e i leader politici sono CEO? Dove le leggi sono scritte nei consigli di amministrazione e le decisioni sono prese in base ai profitti trimestrali? E’ uno scenario distopico, ma non troppo lontano dalla realtà di alcune decisioni già prese a porte chiuse dalle grandi multinazionali.
Ma prima di cadere nella disperazione totale, ricordiamoci che la democrazia ha resistito a sfide ben peggiori. Dopotutto, la democrazia è stata concepita come un sistema di checks and balances, un modo per garantire che nessun singolo potere possa dominare. E mentre il capitalismo potrebbe cercare di liberarsi della democrazia, i cittadini hanno il potere di ribellarsi, di riscoprire il valore della partecipazione e di reclamare il loro posto al tavolo delle decisioni.
L’ idea che il capitalismo possa fare a meno della democrazia non è del tutto infondata, ma non è nemmeno una condanna definitiva. È una provocazione, un invito a riflettere sulla direzione che stiamo prendendo e su come possiamo ristabilire l’equilibrio tra questi due sistemi. Con un po’ di ironia e una buona dose di impegno civico, possiamo ancora salvare questo nostro mondo.
