© foto di SSC Bari

Per l’eterna incompiuta, oggi era il turno del Frosinone, una squadra partita con ambizioni ben diverse rispetto alla sua attuale posizione in classifica. In piena crisi di risultati e con una rosa decimata per la quale nemmeno il nuovo tecnico Greco è riuscito a raddrizzare la baracca, si trovava nella classica situazione ideale per espugnare il San Nicola. D’altronde, la storia insegna che il Bari, in occasioni come queste, spesso si fa trovare pronto a risolvere, anche solo temporaneamente, i problemi degli avversari in difficoltà sia pur momentaneamente. Ed invece, stavolta la nota legge di Murphy con cui il Bari convive da centodiciassette anni, non ha avuto la meglio. Anzi, questa è la terza volta quest’anno che il Bari, in qualche modo, sconfigge il Frosinone se si tien conto della gara di andata e quella di Fiuggi a luglio a fine ritiro. Ci sono delle annate che vanno così, magari l’anno prossimo il Frosinone avrà la meglio sul Bari per tre volte.

Davanti ai proverbiali quattro gatti stipati nella dispersiva astronave nicolaiana, sotto il secondo diluvio consecutivo, Longo ha mandato in campo inizialmente Simic titolare al centro della difesa con Obaretin e Mantovani, ma il giocatore croato è stato sostituito all’ultimo momento da Pucino a causa di un infortunio occorso nel riscaldamento, a centrocampo tutti confermati con l’innesto di Bellomo al posto di Lella, Falletti e Favilli in avanti. Pereira e Bonfanti in panchina.

Una partita che il Bari doveva provare necessariamente a vincere possibilmente senza farsi rimontare, magari in superiorità numerica, ormai un difetto di fabbrica di questa squadra se davvero voleva ambire a pozione playoff. E, tanto per non farci mancare nulla, ancora un minuto e forse il Frosinone avrebbe pareggiato.

Il primo tempo si apre con un tentativo di Favilli dopo appena due minuti, ma il suo mancino dai 25 metri termina di poco alto. Poco dopo, un fallo di Benali al limite dell’area regala al Frosinone una punizione interessante, ma il tiro di Partipilo si infrange sulla barriera.

La sfortuna colpisce il Bari quando Pucino, schierato all’ultimo momento, si infortuna ed è costretto a lasciare il campo, sostituito da Vicari. I ritmi della gara restano lenti, complice anche il terreno viscido, con il Frosinone rintanato nella propria metà campo e il Bari che prova a costruire con il solito, a volte irritante, possesso palla ma senza accelerazioni incisive.

Le occasioni latitano: un’altra punizione di Favilli finisce alta, mentre Partipilo tenta un destro debole, facilmente bloccato da Radunovic. Il Frosinone, pur lasciando il pallino del gioco ai biancorossi, crea le opportunità più pericolose, soprattutto con l’ex Partipilo, che non sfrutta un errore di Maita a centrocampo in un potenziale contropiede.

Dopo tanto equilibrio la svolta arriva solo nel finale, con un intervento dubbio di Bettella su Dorval in area su una sua tipica incursione. Il VAR interviene e l’arbitro assegna il rigore, trasformato con precisione da Favilli. Il Bari chiude il primo tempo in vantaggio, sbloccando una gara complicata che sembrava potersi aprire solo con un episodio.

Il secondo tempo si apre con un brivido per il Bari: Obaretin sbaglia l’intervento, ma poi riesce a fermare il tiro di Koutsoupias. Il Frosinone parte aggressivo e sfiora il gol con Kvernadze, fermato prima da Dorval e poi da Radunovic. Il Bari soffre e fatica a gestire il vantaggio.

Longo corre ai ripari inserendo Coli Saco e Bonfanti per Bellomo e Falletti, passando al 3-5-2. La risposta è immediata: su un contropiede orchestrato da Benali, Favilli serve Bonfanti, che segna il raddoppio al debutto davanti ai suoi nuovi tifosi.

Nonostante i cambi, il Bari continua a soffrire, con il Frosinone che insiste e va vicino al gol con Kvernadze, costringendo Radunovic a deviare sul palo dopo una deviazione fortuita di Mantovani. Nel finale, un’ingenuità del portiere biancorosso regala un assist a Kvernadze, che segna e accorcia le distanze. Fortunatamente, non c’è più tempo: il Bari vince, ma con grande sofferenza.

Il Bari porta a casa tre punti fondamentali, ma lo fa con una prestazione tutt’altro che scintillante. La vittoria contro il Frosinone – ultima in classifica, è appena il caso di ricordarlo – è un risultato da non disprezzare, ma se c’era bisogno di conferme sui limiti strutturali di questa squadra, oggi sono arrivate con chiarezza. I biancorossi hanno capitalizzato al massimo le uniche due occasioni create: il rigore di Favilli e la ripartenza letale che ha portato al primo gol di Bonfanti. Segnali positivi, certo, ma è difficile pensare che bastino per ambire a qualcosa di più.

Questa squadra sembra intrappolata in un eterno limbo: troppo solida per cadere rovinosamente, troppo fragile per sognare in grande. È un Bari che, come dice spesso Longo, sta andando oltre le aspettative, ma fino a quando potrà farlo senza un’ossatura realmente affidabile? La solita ingenuità di Radunovic nel finale è l’emblema di una squadra che non sa gestire i momenti chiave, che soffre sempre oltre misura e che regala agli avversari occasioni evitabili. Un portiere talentuoso tra i pali, ma poco sicuro con i piedi e nei rinvii: un errore che ormai è diventato una costante, segno che il problema non è episodico, ma strutturale.

Eppure, qualcosa di positivo c’è. Forse oggi è nata una coppia, un Jack Lemmon ed un Walter Matthau calcistici su cui poter fare affidamento per il futuro: Favilli e Bonfanti, attaccanti con caratteristiche complementari, che potrebbero rappresentare l’arma in più per un Bari che spesso fatica a concretizzare. Nel calcio si vince anche così, sfruttando gli episodi, ed è giusto sottolinearlo. Ma resta il fatto che il Frosinone, pur con cinque attaccanti in campo e una pressione costante, ha segnato solo nel recupero. Il Bari ha saputo soffrire e mantenere la barra dritta, un elemento da non sottovalutare.

La situazione, però, resta critica, inutile mettere la polvere sotto al tappeto. Il Bari è questo, molta croce e poca delizia, cenni di totale affidabilità non ce ne sono, le ammonizioni di Maita e Benali privano Longo di due pedine fondamentali per la trasferta di Castellammare, lasciando il centrocampo in totale emergenza. Con Pucino fuori e in dubbio, con Vicari a mezzo servizio, con le storiche assenze e tanti giocatori ancora non integrati o non all’altezza, il Bari si ritrova a dover affrontare le prossime sfide con una rosa corta e poco affidabile. La speranza è che il mercato possa portare rinforzi non solo numerici (che forse sono la priorità), ma anche qualitativi, altrimenti il cammino si farà sempre più accidentato.

Pioggia, fango e sofferenza: il Bari ha battagliato sul terreno pensate che, tutto sommato, ha tenuto bene ed è stato più attento rispetto ad altre occasioni, ma la sensazione è che senza un cambio radicale si rischi di restare prigionieri di una mediocrità strutturale. Come scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo, “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Il Bari ha bisogno di cambiare davvero, perché se questa vittoria porta entusiasmo, la realtà racconta ancora una volta di una squadra troppo fragile per sognare in grande.

Massimo Longo

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