In questi ultimi tempi stiamo assistendo all’insorgere di orientamenti ambigui e posizioni discutibili circa l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica.
Balzano alla nostra attenzione gli orientamenti ai quali stiamo assistendo proprio con riferimento alla difesa della vita e alla sua sacralità, su cui la Chiesa da sempre è stata chiara «la dignità di ogni essere umano ha un carattere intrinseco e vale dal momento del suo concepimento fino alla sua morte naturale[…]. La sola ragione è sufficiente per riconoscere il valore inviolabile di ogni vita umana, ma se la guardiamo anche a partire dalla fede, “ogni violazione della dignità personale dell’essere umano grida vendetta al cospetto di Dio e si configura come offesa al Creatore dell’uomo» (Francesco, Dichiarazione Dignitas Infinitas, 25.03.2024).
Nonostante la chiarezza di tali affermazioni, ancor oggi ci troviamo a denunciare vergogne come la risoluzione sull’inclusione del diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Infatti il Parlamento europeo ha chiesto al Consiglio dell’Ue di aggiungere alla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue l’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva e il diritto a un aborto sicuro e legale; in una risoluzione seppure non vincolante, approvata con 336 voti a favore, 163 contrari e 39. Nel magistero della Chiesa in particolare nel Catechismo: n. 2273 si ricorda che «il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente rappresenta un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione», e al n. 2286, precisa come quest’ultimo possa essere altresì provocato «dalla legge o dalle istituzioni, dalla moda o dall’opinione pubblica», rendendosi di conseguenza colpevoli di scandalo «coloro che promuovono leggi o strutture sociali» che portano alla degradazione dei costumi, alla corruzione della vita religiosa o a condizioni sociali che rendono ardua o praticamente impossibile una condotta di vita cristiana.
Infatti prima di invocare slogan come “My body, my choice” o “Abortion is right” con leggerezza e approssimazione, è fondamentale chiedersi cosa cosa sia veramente “diritto”. Nella sua accezione principale, il diritto è un insieme di regole che un gruppo si dà per organizzare la vita associata, le quali vanno poi a configurare l’ordinamento giuridico. Gli ordinamenti giuridici variano secondo i tempi, i luoghi e le circostanze, ponendo complessi problemi di coerenza e di armonizzazione.
Se proviamo a estendere ulteriormente il concetto, il diritto indica anche le esigenze rivendicate dai soggetti che vogliono essere riconosciute in un ordinamento, che non le prevede (si pensi al diritto all’eguaglianza tra gli uomini, ai diritti delle donne, ai diritti fondamentali dell’uomo, ai diritti dei bambini): qui i soggetti si appellano a norme morali superiori a quelle sancite dalle leggi vigenti o a necessità maturate nell’evoluzione della società.
Il tema dell’interruzione di gravidanza, da sempre al centro di un acceso dibattito sociale, culturale e politico, investe aspetti etici, morali, scientifici e giuridici, nonché la questione che ruota sui diritti delle donne, sulla loro autonomia decisionale riguardo alla propria vita e alla propria salute sessuale e riproduttiva.
Il punto è che questa auspicata fedeltà al diritto presuppone l’adesione a un preciso modello antropologico-culturale, rispetto al quale non è detto che si possa facilmente realizzare una convergenza di vedute o di interessi.
Tale convergenza, già complessa se perseguita sul terreno dei diritti religiosi (essendo affatto scontata la confluenza dei diversi insegnamenti sui singoli interrogativi posti dalla bioetica), pare ancora più improbabile, quando alla prospettiva religiosa si sostituisce un orientamento laico, con tutte le declinazioni del caso.
Diventa allora essenziale stabilire se questo conflitto, immanente nelle differenze ontologicamente esistenti fra le diverse istanze interessate, sia davvero insuperabile. Benché nel merito sembra doversi propendere per una risposta affermativa, nel metodo vi sono forse gli spazi, ma questa è un’ipotesi di lavoro tutta da sviluppare per provare a impostare un confronto a più voci fra i diversi agenti coinvolti: da un lato la scienza, dall’altro i saperi religiosi, quelli “laici” e le altre scienze umane interessate.
Dal confronto fra questi agenti anche in forma interdisciplinare ossia fra la scienza e le differenti posizioni, dovremo essere in grado come cattolici di proporre una soluzione, se non la soluzione ideale, non il “male minore”, ma un male il più possibile condiviso, che dovrebbe comunque far salva la clausola di salvaguardia offerta da un esercizio del diritto all’obiezione di coscienza conforme a Costituzione.
In particolare per la questione che ci riguarda vorrei sottolineare che, con l’emendamento Malagola appena approvato, le regioni organizzano i servizi consultoriale nell’ambito dei fondi del PNNR e possono avvalersi senza costi a carico della finanza pubblica del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiamo una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità.
Accompagnare e aiutare a discernere, sono le azioni più importanti da mettere in campo, per far sì che si possa veramente parlare di scelta consapevole e libera e magari, contribuire a trasferire anche conoscenza ed informazione adeguata per supportare una maternità difficile, ma pur sempre da riconoscere come dono di Dio.
Michela Cinquilli