Il libro di oggi parla di una storia d’amore, in piena sintonia con la giornata del 14 febbraio e l’autore è un aristocratico vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900.
Luciano Zuccoli, pseudonimo di Luciano von Ingenheim (1868-1929), è stato uno scrittore, giornalista e romanziere svizzero naturalizzato italiano.
Nato nel Canton Ticino, divenne noto per le sue opere di narrativa, soprattutto nel genere della letteratura di consumo.
Fu anche giornalista, fondando e dirigendo diversi periodici, come la “Provincia di Modena” e il “Giornale di Venezia”.
Collaborò con il “Corriere della Sera” e scrisse romanzi d’appendice, tra cui L’occhio del fanciullo. Il suo libro più significativo fu Le cose più grandi di lui (1922).
Dopo il suicidio della moglie, si risposò con una donna molto più giovane e morì nel 1929 a Parigi a causa di una polmonite.
Il Conte Zuccoli, di famiglia aristocratica, scrive una quarantina di libri dal 1893 al 1930 (ultimo libro pubblicato postumo in quanto morì nel 1929)
L ‘Amore di Loredana è del 1908 pubblicato a Milano, Fratelli Treves.
Un brano del libro
La campagna triste fra Verona e Peschiera era sinistramente illuminata dalla luce sanguigna del tramonto che alcune nuvole grige interrompevano. Loredana non diceva parola, tenendo le mani tra le mani di Filippo, sempre col viso celato da quel velo bigio, che pareva la togliesse dal mondo, l’allontanasse da tutti, la dovesse nascondere come una delinquente. – Ascoltami, cara, – seguitò Filippo. – Hai scritto alla mamma? – Sì…. – Che cosa le hai scritto? La fanciulla non rispose subito. Le veniva innanzi agli occhi della mente la visione della sua casetta bianca nel campiello solitario; e la mamma che ogni mattina entrava a chiederle che cosa desiderasse per colazione; poi la mamma usciva, andava per la spesa, e, tornata, preparava la colazione per la figliuola, che con una vestaglia bianca e lunga, raccoglieva intanto i capelli intorno alla testa e si guardava nello specchio e si dava un po’ di cipria e si sorrideva. La vestaglia bianca e lunga era stata abbandonata, anche quella, come tutto il resto…”
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