La storia della Letteratura e delle Arti in genere è una storia sempre complessa e difficile da raccontare, innovare e riconoscere.
Uno dei generi che maggiormente ha appassionato il mio percorso di studioso è quello autobiografico, ovvero gli studi che analizzano come determinate persone (in genere personaggi noti) hanno descritto la propria vicenda personale, la propria autobiografia.
Dopo diversi anni di studio in tal senso, partiti dal 2006 presso l’Università di Reading (UK) con il Master of Arts “The Body and Representation” in Inghilterra con una testi dedicata a 4 romanzi autobiografici (o semiautobiografici) di due autori maschili e due femminili con diverse e incrociate identità di genere sessuale (E. Figes, J. Winterson, W.B. Yeats, P. Monette), anche il Dottorato di Ricerca presso l’Università di Salerno fu improntato sullo stesso genere autobiografico con la differenza che questa volta mi occupai (oltre che all’evoluzione del genere stesso) di 4 poeti: 2 inglesi (T. Gunn e S. Heaney) e 2 spagnoli (C. Barral e J.G. de Biedma). Anche in questo caso le loro identità di genere erano diverse e opposte.
La conclusione di tutto questo lavoro portò ad un risultato innovativo, ovvero ad una dimostrazione concreta di come un’autobiografia in versi possa ritenersi maggiormente (o almeno alla pari) efficace rispetto ad una in prosa per narrare una vera e propria autobiografia (i ricordi dell’io).
Centrale in tutto questo è la maggiore profondità della poesia rispetto alla prosa, la sua capacità di dire – ricordando G. Leopardi – attraverso “la lingua non mortale” (che è quella della poesia); rilevante è come la stessa poesia riesca a ricreare più accuratamente nel lettore scene e sensazioni (funzione notoriamente riconosciuta maggiormente al genere poetico).
Per meglio comprendere si deve fare inoltre riferimento al concetto di “verità”: mutata con il Postmodernismo (da oggettiva a frammentaria), al “point of view” (con autore quali H. James e W.B. Yeats) e al desiderio di narrare il presente (che tutto il passato contiene) senza condizionamenti.
Ma il punto chiave e fermo è che il canone (con i suoi vincoli formali e contenutistici) stilato da Philippe Lejeune con Il Patto autobiografico (1975) è stato al quanto ribaltato (se non completamente) con gli studi contenuti nel testo Raccontarsi in versi (Carocci, 2012) a cui si devono aggiungere la versione rivista e allargata dello stesso volume pubblicata in Inghilterra Narrating Oneself in verse (CSP, 2017) e il testo The Importance of Being Normal (CSP, 2018).
(Gli interventi di Maurizio Cucchi e Menotti Lerro presso la Casa della Cultura di Milano in occasione della presentazione del volume Narrating Oneself in Verse (Cambridge Scholars, 2017)