Tra coincidentia oppositorum e perversi compromessi, l’analisi di un’inedita convergenza tra destra e sinistra sovranista
Il generale Vannacci e l’ex comunista Rizzo uniti in una battaglia contro le élite. Ma è solo populismo o c’è di più? Un’analisi politica approfondita tra contraddizioni, fascino funereo e missioni nell’eterno purgatorio.
Cronaca di un’alleanza inattesa
Negli ultimi mesi, il panorama politico italiano è stato scosso da un’inedita convergenza tra due figure apparentemente antitetiche: il generale Roberto Vannacci, europarlamentare leghista con un passato militare, e Marco Rizzo, ex comunista e leader di Democrazia Sovrana Popolare. I due, uniti da una retorica anti-establishment e da un’apparente sintonia su temi come la sicurezza, l’anti-europeismo e la critica alle élite, hanno tenuto un comizio congiunto a Torino, catturando l’attenzione di circa 400 persone.
L’evento si è svolto all’Hotel Fortino, in strada del Fortino 36, sotto l’egida del sindacato di polizia Siulp. Un contesto che da subito ha messo in chiaro la chiave di lettura della serata: la sicurezza come perno attorno a cui ruotano le preoccupazioni di una parte sempre più consistente della popolazione. Tra il pubblico, oltre a militanti sovranisti e simpatizzanti di entrambi i leader, anche membri delle forze dell’ordine, attirati dalla promessa di risposte concrete alle loro richieste di tutela e maggiore operatività.
Vannacci, con il suo stile diretto e marziale, e Rizzo, con il suo passato di falce e martello, hanno trovato un terreno comune nella denuncia del “globalismo”, nella difesa della sicurezza e nell’ammirazione per Donald Trump. Ma dietro questa apparente coincidentia oppositorum si nascondono contraddizioni, ambiguità e un perverso compromesso storico che merita di essere analizzato.
La coincidentia oppositorum
L’alleanza tra Vannacci e Rizzo rappresenta una delle più emblematiche coincidentia oppositorum della politica italiana contemporanea. Da un lato, un militare di carriera con un linguaggio da “uomo forte”, dall’altro, un ex comunista convertito al sovranismo. Eppure, entrambi condividono una visione del mondo basata sulla contrapposizione tra “popolo” e “élite”, un mantra che li avvicina nonostante le rispettive storie politiche.
Al dibattito torinese, il tema centrale era: “Sicurezza e inclusione: una contraddizione?”. Un titolo che sembra quasi riassumere la stessa alleanza tra Rizzo e Vannacci. Inclusione e sicurezza, concetti apparentemente distanti, che vengono fusi in un discorso che punta ad attrarre tanto il lavoratore precario quanto il cittadino preoccupato per l’ordine pubblico. L’abilità retorica dei due protagonisti ha permesso loro di trasformare un’eventuale divergenza di vedute in una sintesi apparentemente coerente.
Questa convergenza, tuttavia, non è priva di contraddizioni. Mentre Vannacci incarna una destra nazionalista e securitaria, Rizzo proviene da una tradizione di sinistra che storicamente si è opposta a tali istanze. La loro sintonia, quindi, sembra più dettata da opportunismo che da una reale condivisione di valori.
Un perverso compromesso storico
L’alleanza tra Vannacci e Rizzo ricorda, in qualche modo, il “compromesso storico” degli anni ’70, quando il PCI cercò un’intesa con la DC. Ma mentre allora si trattava di un tentativo di stabilizzazione democratica, oggi siamo di fronte a un perverso compromesso tra estremismi.
Durante l’incontro, Vannacci ha insistito sul concetto di “ordine e disciplina”, mentre Rizzo ha sottolineato la necessità di difendere il lavoro e la sovranità nazionale. Due visioni apparentemente distanti, che tuttavia hanno trovato un punto d’incontro nell’attacco al “sistema” e ai suoi presunti mali: l’Unione Europea, la globalizzazione e l’immigrazione incontrollata. Il pubblico ha risposto con applausi e slogan, segno che il messaggio, pur nelle sue contraddizioni, trova terreno fertile tra gli scontenti.
La postura del pugile e quella del soldato
Vannacci e Rizzo incarnano due posture diverse ma complementari. Il generale, con il suo stile marziale e diretto, rappresenta la figura del soldato pronto a difendere la patria dai nemici esterni e interni. Rizzo, invece, assume la postura del pugile, che colpisce con parole affilate e una retorica populista.
Questa complementarità si è resa evidente durante il dibattito: Vannacci parlava con la fermezza dell’ufficiale che non accetta compromessi, mentre Rizzo modulava i toni, alternando critiche feroci a momenti di apparente mediazione. Un gioco di ruoli ben calibrato, che ha dato l’impressione di una coppia ben rodata piuttosto che di due mondi in collisione.
Missione nell’eterno purgatorio
Vannacci e Rizzo sembrano condannati a un’eterna missione nel purgatorio della politica italiana. Non abbastanza mainstream per entrare nei salotti buoni, ma neppure abbastanza radicali per rappresentare una vera alternativa. La loro alleanza, quindi, rischia di rimanere confinata in una nicchia, incapace di incidere realmente sul dibattito politico.
A Torino, il successo numerico dell’evento ha dimostrato che una fetta di elettorato guarda con interesse a questa strana coppia. Ma basterà questo per tradurre la convergenza in voti concreti? La storia politica italiana è piena di alleanze improbabili naufragate sotto il peso delle loro stesse incongruenze. La vera sfida per Vannacci e Rizzo sarà dimostrare che non sono solo l’ennesimo fenomeno effimero.
A quando lo schianto?
La domanda finale è: a quando lo schianto? Quanto durerà questa alleanza improbabile? La storia insegna che le convergenze tra opposti spesso si dissolvono sotto il peso delle contraddizioni. E Vannacci e Rizzo, con le loro divergenze e ambiguità, potrebbero non fare eccezione.
Ma se c’è una lezione che il dibattito di Torino ci ha lasciato, è che nel panorama politico attuale tutto è possibile. Anche l’improbabile può diventare realtà, almeno fino al prossimo colpo di scena.