“Fra gli spettacoli de’nostri tempi debbonsi annoverare le mascherate nel carnevale, che oggidì però vanno sempre
diminuendo in ogni città. Celebri erano nel passato quello di Roma, di Venezia e di Milano. Quasi un’ora dopo mezzodì si
suona in Roma la campana del Campidoglio, ed è allora permesso a chicchesia di uscire per le vie mascherato: queste
maschere s’incamminano per lo più al corso: le carrozze sono comunemente tirate da due cavalli, molte da quattro ed
alcune da sei; sono tutti ornati di nastri e sonagli, e formano nel corso due file, una delle quali va e l’altra ritorna; i cocchieri
sono mascherati, e gli staffieri sono per lo più vestiti da Arlecchino o da Pulcinella”.
Una zumata nel tempo del carnevale redatta nel 1857 da: “Usi e costumi in Italia”, cavalli e carrozze, nastri e sonagli, per
ritrovare questo gioioso contesto ci basta partecipare ancor oggi giorno nell’anno 2025 al Carnevale di Ivrea. Se l’aspetto
più folcloristico per il quale è conosciuto è certamente la “Battaglia delle arance”, che costituisce l’elemento più
spettacolare per i visitatori, l’inizio del getto delle arance affonda le sue radici intorno alla metà dell’Ottocento.
“Nel periodo compreso tra gli anni Trenta e Sessanta dell’Ottocento nasce un gioco cortese, quasi cavalleresco: un “getto”
che le giovani fanciulle borghesi di Ivrea presero l’abitudine di effettuare, dai balconi delle loro abitazioni, negli ultimi
giorni del Carnevale. «Innocenti proiettili» per usare le parole delle cronache giornalistiche di metà Ottocento, «che dalle
case piovevano sui passeggianti, e con cui da questi per gentil rappresaglia si faceva grazioso assalto alle vispe ed
avvenenti provocatrici». Insieme a coriandoli, confetti, lupini e fiori, le ragazze lanciavano dai balconi, mirando le carrozze
del corteo carnevalesco, qualche arancia un “aristocratico” frutto esotico proveniente dalla Costa Azzurra. I destinatari
erano giovincelli dai quali le stesse ragazze volevano essere notate. Dalle carrozze si iniziò a rispondere scherzosamente a
tono e, poco a poco, il gesto di omaggio si trasformò in duello, un vero e proprio combattimento testa a testa tra lanciatori
dai balconi e lanciatori di strada”.
Da dove proviene questa tradizione che si tramanda da generazioni? Una battaglia con radici profonde come riporta la
leggenda: il Marchese di Monferrato che affamava la Città intorno all’anno 1200 venne scacciato grazie alla ribellione
della figlia di un mugnaio (Violetta) che, promessa sposa (a Toniotto), non volle sottostare allo “jus primae noctis” imposto
dal tiranno a tutte le spose. Salita al castello lo decapitò ed accese la rivolta popolare che si concluse con la distruzione
dell’edificio, che non fu mai più ricostruito, con l’istituzione del libero Comune. Nel corso dei secoli si sono raggruppati
vari episodi folkloristici che vengono celebrati in città da gennaio sino al termine del carnevale con l’abbruciatura dello
“Scarlo”.
Occorrerebbe un fiume di parole per descrivere la storicità di questo stravagante quanto bizzarro evento, quanto più ci
interessa sono i cavalli, qui si possono ammirare e toccare con mano le miglior razze carrozziere del Continente, per
Continente si intende la vecchia Europa Imperiale, pariglie e tiri a quattro di Ghelderland, Frisoni, Ungheresi, Lipizzani,
KWPN, si snodano tra le vie del centro. Li vedi arrivare dall’inizio del viale in un vortice di colori ad un trotto sostenuto, la
musica ritmica prodotta dagli zoccoli sull’asfalto si unisce al suono argentino dei sonagli al battito degli arancieri sulle
fiancate dei carri come tamburi al coro unanime degli “aranceri” che ti invitano alla festa. Nel giro di pochi minuti sei
immerso in questo poliedrico mondo, cinque, dieci, venti e infine cinquanta carri bardati a festa ti circondano, ti senti
trascinato da questo fiume di energia e forza pura che questi meravigliosi equini sprigionano.
“A Carnovale tra i nobili proprietari era gara a chi esibiva il barbaro (cavallo) coi finimenti più lussuosi ed eleganti, la
pennacchiera più colorata e sgargiante, in un trionfo di cuoi pregiati, piume, corone, rosette, “càpoli” (fiocchi), “cendaline”
(nastri), fregi d’oro e placche d’argento con l’arma, lo stemma gentilizio del proprietario”.
La tipologia di finimenti dei carri da getto hanno una ben definita tendenza, finimento in cuoio all’inglese con collana,
pennacchiera sulla nuca e sul sellino, campanelli e sonagli metallici a bubbolo da slitta, code e criniere intrecciate e
arricchite da nastri colorati e raffia. I finimenti, che da queste parti se non portano il marchio “MOIRANO – Strambino”
non vengono considerati degni del Carnevale, un mix che effettivamente potrebbe esulare dalla “Tradizione pura” della
quale siamo abituati a rispettarne i canoni, potremmo dire: è “Carnevale e tutto vale!” Una risposta che lascia insoddisfatti
e dubbiosi e dovrebbe stimolare una ricerca in merito. Quest’anno si sono visti finimenti rigorosamente all’inglese con
collana e Liverpool (morso) come vuole l’etichetta, abbandonati i caratteristici “Moschèr” (scacciamosche) agresti fatti
con code di cavallo, sebbene si continui l’usanza dell’intrecciatura delle code e criniere con l’inserimento di fili di raffia e
coccarde decorative.
Ogni Carro da getto, indipendentemente dal fatto che sia una pariglia o un tiro a quattro, prevede la presenza di un
Cavallante e del Capocarro, colui che cura l’organizzazione e la gestione del carro e degli aranceri. Il cavallante non è solo
un allevatore appassionato ed un abile conduttore di attacchi a pariglia o a quattro cavalli, appartiene ad un mondo unico,
tutto da scoprire, ricco di segreti tramandati da generazioni e testimoniati dai raffinati finimenti e dall’incedere elegante
degli splendidi cavalli utilizzati per il traino dei carri da getto. Non solo l’ardore in battaglia e la correttezza nel tiro, ma
anche la qualità degli allestimenti scenici con la combinazione con i finimenti dei cavalli sono elementi che concorrono a
definire le classifiche finali, grazie all’eleganza dei cavalli, finemente addobbati e acconciati, e al desaing particolarmente
curato delle raffigurazioni. Un mix che deve essere gradevole e armonico in tutto il suo insieme.
Ai giudici un compito molto arduo è loro assegnato, la qualità dei cavalli e finimenti presentati in questa edizione è
altissima, occorre avere un occhio esperto per scovare l’errore, se errore si può chiamare una leggera imperfezione.
Sono “vecchi” del mestiere e sanno farsi valere, terminato l’arduo compito non resta loro che decretare a gran voce:
“CHE LA BATTAGLIA ABBIA INIZIO”
La battaglia che vive le sue regole cavalleresche mai scritte, sebbene condivise da tutti i partecipanti, mantenendo il
confronto sul livello di una sfida sportiva nella quale si termina ad armi pari, sancita da una stretta di mano con
quell’avversario immaginario che ben evidenza il simbolo di quella libertà conquistata nel tempo, a mantenere vivo quel
patrimonio culturale che ad Ivrea è sempre vivo e continuerà a vivere anno dopo anno con il Carnevale! Il lancio di
un’arancia, un gesto di Libertà e cambiamento che noi tutti una volta nella vita dovremmo fare per sentirci Liberi da tutti
quei recinti impercettibili che ci opprimono e condizionano.
di Fabrizio Canali
Cit.“IL cambiamento inizia da noi, da ogni gesto e decisione che prendiamo ogni giorno”.
Clara Campese