La gamification diffusa consiste nell’estendere le dinamiche ludiche al di fuori dei tradizionali campi di applicazione. Una sorta di deriva ludica che porta a spiegare ogni nostra esperienza e i complessi rapporti di forza, esistenti in vari ambiti, con la teoria dei giochi, trasformando l’immateriale, le interazioni strategiche con altri soggetti “rivali” in ambito economico, politico e sociale, in qualcosa di materiale e misurabile. Si arriva così a parlare anche di giochi finiti e infiniti.
I problemi del mondo attuale richiedono un tipo di logica che viene sviluppato grazie all’alfabetizzazione al gioco secondo Eric Zimmermann “Il gioco come palestra di apprendimento per la vita. Molto più della lettura di manuali teorici, la pratica di gioco sviluppa col tempo entrambe le doti di analisi e sintesi, allenando a saper vedere sia le parti che il tutto. L’alfabetizzazione ludica può aiutarci ad affrontare i nostri problemi. Non solo a livello di problem solving: se ci pensiamo, lo spirito giocoso ci aiuta anche ad avere lucidità, iniziativa e gestione emozionale davanti a situazioni nuove o che possono metterci in difficoltà.”
Diversi i contributi all’idea di estendere o applicare le dinamiche ludiche a diversi ambiti al di fuori dei confini di applicazione del gioco, per spiegare, con la teoria dei giochi, ogni altra nostra esperienza e i complessi rapporti di forza esistenti in vari contesti, trasformando l’immateriale, l’intangibile, le interazioni strategiche con altri soggetti “rivali” in campo economico, politico e sociale, in qualcosa di materiale e misurabile.
Interessante il paradigma del Gioco Finito (James P. Carse nel suo libro Finite and Infinite Games 1986), cioè quello in cui abbiamo un unico vincitore e uno o più perdenti, con una prospettiva alquanto miope, insieme al paradigma del Gioco Infinito, in cui l’obiettivo principale non è la vittoria finale ma l’ottenimento di un vantaggio duraturo e che sia collettivo ed in un lungo periodo.
In un Gioco Finito con regole fisse, un chiaro obiettivo e giocatori definiti e noti, ad esempio in partite come il calcio o gli scacchi, secondo la teoria di James P. Carse, vincitori e perdenti sono facilmente individuabili. Osserviamo che se individuabili a priori, ancor prima del termine del gioco, dilagherebbe la disincentivazione al gioco stesso da parte dei partecipanti che non hanno via di scampo e sono già destinati a perdere!
Nei Giochi Infiniti come la vita stessa, la politica, il business, i giocatori mutano nel tempo, così anche le regole e l’obiettivo finale non è definito, diventa rilevante solo l’obiettivo di partecipare al gioco stesso. La prospettiva temporale è a lungo termine, quasi all’infinito. Non abbiamo un obiettivo di “vincere la vita”, abbiamo solo quello di farne parte. Anche se momentaneamente qualcuno è “avanti” in un Gioco Infinito e qualcun altro è “indietro”, sono posizioni transitorie che potranno mutare nel tempo, altrimenti i giocatori sarebbero disincentivati a farne parte. Tuttavia non possiamo nemmeno concepire l’idea di non far parte del gioco della vita, ripudiamo tale ipotesi. Così per i giocatori del business e della politica.
Facciamo l’esempio di un successo nella vita lavorativa, una promozione o un incarico sono visti come un Gioco Finito. Se il vincitore è individuabile a posteriori i perdenti si sentiranno sconfitti, se individuabile ancor prima della selezione e competizione saranno portati a non partecipare, con un abbandono, e a ridurre le loro performance lavorative in quanto il “successo” inerente alla sola promozione viene definito come il miope obiettivo finale, in luogo del successo lungimirante correlato al continuo miglioramento delle proprie performance.
Nel Gioco Infinito l’obiettivo è continuare a giocare il più a lungo possibile, migliorando le condizioni e facendo progredire il gioco stesso, focalizzandosi non sul successo personale ma sull’avanzamento e sull’evoluzione continui e collettivi; inoltre è cruciale la collaborazione, non lo spietato antagonismo.
Pensando alla tutela dell’ambiente con l’approccio del filosofo James P. Carse, il Gioco Finito si manifesta quando le aziende vedono la sostenibilità solo come un mezzo per migliorare la propria immagine o evitare sanzioni. Quindi in tale gioco gli interventi sono progettati per ottenere risultati immediati, senza una visione a lungo termine, ad esempio campagne di riforestazione senza un piano di gestione del territorio, mentre i governi pongono in essere politiche ambientali con scadenze rigide e obiettivi limitati, ad esempio. ridurre le emissioni del 30% entro il 2030.
Invece il Gioco Infinito nella Tutela Ambientale non ha in termine predefinito, lo scopo è continuare a “giocare”, adattando regole e mosse alle circostanze per garantire la sostenibilità dell’intero sistema e dei suoi sottosistemi. Questo comporta ad esempio Investire in energie rinnovabili, economia circolare e tecnologie sostenibili per ridurre l’impatto ambientale nel lungo termine, educare e sensibilizzare la popolazione affinché la sostenibilità diventi una pratica culturale diffusa e non solo una strategia di breve termine, creare alleanze globali per affrontare il cambiamento climatico con una prospettiva intergenerazionale, senza limiti geografici e temporali definiti, perché la tutela ambientale è un processo senza fine di miglioramento e adattamento.
La chiave interpretativa dell’agire umano futuro dovrebbe essere quella di spostare l’attenzione dal “vincere” nel breve periodo all’assicurare la continuità della vita sul pianeta e alla qualità della stessa.
Aggiungiamo che in un Gioco Finito l’ambiente è competitivo e stressante, l’unico obiettivo è quello di sconfiggere il nemico, vedendo solo nemici, e ciò porta a non guardare molto lontano. Pensiamo agli attuali conflitti nel mondo e in Europa. Spesso si sacrifica il “benessere” a lungo termine per il successo, per la vittoria a breve termine, inoltre vi è un’estrema vulnerabilità nei confronti dei cambiamenti, dilaga la cultura della paura e del controllo con un notevole impatto negativo sui partecipanti.
Un leader, in ambito aziendale, politico o sociale, che realizza e decide di partecipare ad un Gioco Infinito costruirà un ambiente resiliente e duraturo, collaborativo e stimolante, basato sulla fiducia e sulla collaborazione con un impatto positivo sui partecipanti.
Nulla di utopistico, ma raggiungibile secondo alcuni con il promuovere una giusta causa, studiare i degni rivali, prepararsi alla flessibilità esistenziale; secondo Otto Sharmer con la teoria ad U che comporta il passaggio dall’”ego-sistema” basato sul benessere egoistico all’”eco-sistema” basato sul benessere reale del singolo e della collettività. L’Eco-sistema prevede i principi del Gioco Infinito con una mentalità di cooperazione, sostenibilità, con lo sguardo rivolto alle generazioni future.
Ovviamente con il Gioco Infinito non siamo dinanzi ad una formula magica per avere successo, ma ad un approccio che contribuisce notevolmente al successo duraturo: per restare in tema pensiamo a società come la Lego, azienda di giocattoli danesi sempre capace di adattarsi alle nuove generazioni.