Diritto all’iniziativa popolare: garantito dalla Costituzione, negato dai fatti e dalla burocrazia

L’articolo 71 della nostra Costituzione sancisce un principio fondamentale: (…) “il popolo può esercitare l’iniziativa legislativa, proponendo direttamente leggi, senza dover passare per la mediazione dei rappresentanti parlamentari”.

 

Un diritto che, sulla carta, dovrebbe garantire ai cittadini la possibilità di partecipare attivamente al processo legislativo, così come accade per i membri del Parlamento. Tuttavia, alla prova dei fatti, questo strumento, che dovrebbe rappresentare uno degli aspetti più nobili della democrazia, si rivela un miraggio, un’opzione quasi impossibile da esercitare nella realtà.

 

È questa la dolorosa esperienza che sta sperimentando Pensiero Popolare Italiano, il movimento politico che ha tentato, e sta tentando, con tutte le sue forze, di percorrere l’impervio cammino della proposta di legge di iniziativa popolare.

 

Un labirinto burocratico e normativo

Raccogliere cinquantamila firme, nel rispetto delle norme previste, è un’impresa titanica, anche per organizzazioni ben strutturate. Bisogna scrivere il testo della legge, depositarlo presso la Corte di Cassazione, caricare la proposta sulla piattaforma del Ministero della Giustizia per le firme digitali tramite SPID o C.I.E., far vidimare i moduli di raccolta presso le Corti di Appello competenti, richiedere autorizzazioni per i banchetti, affrontare le pratiche per l’occupazione di suolo pubblico e per l’ordine pubblico, pagare bolli e diritti (senza dimenticare che, sotto i 3 metri quadri, non si pagano tasse), trovare autenticatori autorizzati per le firme, raccogliere i certificati elettorali, consegnare tutto a Camera o Senato, aspettare l’assegnazione a una commissione… il tutto entro sei mesi.

 

Ma questo sforzo non garantisce nulla, perché non esiste alcun obbligo per il Parlamento di discutere la proposta nei cinque anni di legislatura.

 

Il paradosso istituzionale

Ed è qui che emerge la sproporzione più evidente. La legge riconosce il diritto all’iniziativa popolare, ma solo in apparenza. Nella sostanza, senza strutture forti e risorse economiche, è quasi impossibile esercitarlo. Chi può sostenere i costi, gli adempimenti e una logistica nazionale in sei mesi? Solo grandi partiti, sindacati, associazioni ben finanziate. I cittadini comuni, anche se organizzati, vengono di fatto esclusi, scoraggiati, messi all’angolo.

Fabio Desideri, Segretario Nazionale PPI (ph PPI)

La solitudine del cittadino di fronte al sistema mediatico e istituzionale

Pensiero Popolare Italiano ha anche sperimentato l’isolamento informativo. Le proposte di legge popolari non hanno accesso ai media, nonostante la loro rilevanza sociale. Il “muro di gomma” delle redazioni è una barriera silenziosa ma impenetrabile, che impedisce alla cittadinanza di conoscere queste iniziative. Cittadino e comunicazione sono mondi che si incontrano “solo all’infinito”, come ha dichiarato il Segretario nazionale Fabio Desideri.

 

A tutto questo si aggiunge l’assenza di un reale supporto da parte di Enti, Istituzioni, Terzo Settore, volontariato e associazionismo, che dovrebbero essere alleati naturali della partecipazione, ma che spesso si fermano a una disponibilità di facciata, più interessati a non esporsi che a sostenere chi lotta per l’interesse collettivo. Come ha affermato Desideri: “È più facile scalare l’Everest in ciabatte che ricevere un aiuto concreto”.

 

Una proposta concreta per la Famiglia, tanti ostacoli

Pensiero Popolare Italiano non ha presentato una proposta qualunque. Il progetto riguarda l’“Istituzione della Fondazione per la Famiglia e disposizioni per il sostegno economico e fiscale alle famiglie con figli”. Un tema attualissimo, che tocca il cuore sociale del Paese, in un’Italia che affronta “l’inverno demografico”, la precarietà e difficoltà crescenti per le famiglie. Il tasso di povertà assoluta è aumentato di quasi il 3% nelle famiglie con una persona di riferimento tra i 18 e i 34 anni e almeno un figlio minore.

 

Eppure, anche su questo, la macchina burocratica e politica resta insensibile, la comunicazione silenziosa, la collaborazione quasi inesistenteDesideri conclude, con amara ironia, “Pensate se avessimo proposto altri temi… Che strano Paese è diventato l’Italia”.

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