“La politica è l’arte di ottenere il potere, ma anche di mantenerlo. E, oggi, l’arte sembra sempre più essere quella di farsi vedere.” – Jean-Paul Sartre

Nel panorama politico contemporaneo, l’arte della politica sembra non essere più quella di unire idee e valori, ma quella di costruire e mantenere un’immagine pubblica che possa attrarre e influenzare l’elettorato. La politica, come intesa nei decenni passati, ha ceduto il passo a un nuovo modello in cui l’immagine, la spettacolarizzazione e la presenza mediatica sono diventate cruciali tanto quanto, se non più, della sostanza delle politiche proposte.

Esempi emblematici di questa trasformazione sono Silvio Berlusconi e Donald Trump, che hanno fatto della politica un grande palcoscenico. Entrambi, con il loro carisma e la loro abilità nell’uso dei media, sono riusciti a entrare nella vita quotidiana degli elettori, spesso come figure familiari piuttosto che come semplici politici. Berlusconi ha usato la televisione per costruire la sua immagine, mentre Trump ha sfruttato il potere dei social media per diventare una figura globale, un personaggio più che un politico tradizionale.

Oggi, il gioco della politica spettacolare è giocato anche dai leader contemporanei, tra cui Giorgia Meloni, Elly Schlein, Matteo Salvini, Antonio Tajani e, non da ultimo, Emmanuel Macron. Se da un lato Meloni si è imposta come una leader capace di attrarre l’attenzione dei media e di costruire una figura forte e sicura, dall’altro, Schlein fatica a ritagliarsi un’identità altrettanto incisiva, dominata da un immaginario più tradizionale e meno “mediatico”. La Meloni, abile nel gestire la sua immagine e nel costruire una narrativa che la posizioni come una politica decisa e determinata, sembra, sotto il profilo della visibilità, superare Schlein, la quale deve ancora dimostrare di avere lo stesso impatto mediatico.

Allo stesso modo, Matteo Salvini, con il suo stile diretto e provocatorio, ha saputo conquistare il centro della scena, molto più di Antonio Tajani, che, pur ricoprendo ruoli di prestigio, non è riuscito a emergere con la stessa forza carismatica e mediatica. Salvini ha costruito un marchio politico basato sulla sua presenza costante nei media e sulla capacità di affrontare temi spinosi con toni populisti, mentre Tajani, pur essendo una figura di peso nelle istituzioni europee, non ha la stessa capacità di attrarre l’attenzione e di influenzare il dibattito pubblico in modo altrettanto incisivo.

Macron, dal canto suo, rappresenta un “campione di visibilità” in un contesto politico europeo, ma lo fa con mille acrobazie e contraddizioni. Il presidente francese, tra una riforma e l’altra, è stato capace di costruire una presenza mediatica che lo ha reso una figura di spicco sulla scena mondiale, ma non senza controversie. Le sue riforme, spesso impopolari, e il suo stile autoritario hanno sollevato critiche, ma la sua capacità di rimanere sotto i riflettori, giocando costantemente tra l’immagine di un leader progressista e quella di un uomo pragmatico (spesso visto come distante dalla realtà delle persone), lo ha consolidato come uno dei più visibili e polarizzanti politici contemporanei. Le sue contraddizioni – tra la promozione di una Francia più moderna e l’imposizione di politiche che sembrano privilegiare l’élite – ne hanno fatto una figura che mescola abilità comunicativa e azioni politiche che dividono.

Il problema di questo fenomeno non risiede solo nel fatto che la politica si trasforma in spettacolo, ma nel fatto che il dibattito pubblico si svuota di contenuti reali e si concentra esclusivamente su una continua ricerca di attenzione. Le dichiarazioni provocatorie, i toni populisti e le strategie mediatiche prendono il sopravvento sulle discussioni politiche serie, e l’elettorato si trova a fare scelte basate più sull’intrattenimento che su un’analisi ragionata delle politiche proposte.

Questo scenario solleva una questione fondamentale per la democrazia: possiamo ancora distinguere tra la politica autentica e quella costruita? In un’epoca dove l’immagine è tutto, rischiamo di perdere di vista l’essenza della politica stessa, quella che dovrebbe occuparsi dei problemi concreti dei cittadini, e non solo delle emozioni e delle reazioni istintive del pubblico.

La politica dello spettacolo è una sfida, un enigma per la nostra società. La domanda che rimane aperta è se riusciremo a ristabilire un equilibrio tra la visibilità mediatica e la vera sostanza delle politiche, per evitare che la politica diventi un gioco in cui l’arte del “farsi vedere” sostituisce la responsabilità del “fare”.

Carlo Di Stanislao

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