Dalla violenza  domestica allo stalking emerge  un lato oscuro, inquietante. In un’ esclusiva ce ne parla lo psichiatra dott. Bruno Matacchieri

 

 

Di fronte all’escalation di violenza di genere perpetrata, sia in ambito domestico che all’esterno, spesso culminante nel tragico epilogo del femminicidio, sorgono tanti interrogativi. Si cerca un perché, una ragione a simili eventi che ormai fanno parte delle cronache quotidiane. Si indaga sulle responsabilità socio culturali di simili accadimenti, ma l’indagine si arresta di fronte a quel lato oscuro che trova nella fragilità psicologica individuale dei protagonisti la vera motivazione.

Di certo le dinamiche storiche e i retaggi di culture millenarie, caratterizzate da un rapporto di subordinazione della donna all’uomo, hanno un ruolo significativo, ma la complessità della mente umana e le pulsioni inconsce rappresentano ancora, per molti versi, un enigma.

Il dott. Bruno Matacchieri

Appare, pertanto, opportuna ed estremamente chiarificatrice l’intervista, rilasciataci ieri, dallo psichiatra dott. Bruno Matacchieri, che vanta un curriculum straordinario nel settore ed un’esperienza pluriennale sia nell’ambito della psichiatria che in quello della psicoterapia.

Una personalità dunque di rilievo e di chiara fama  che gentilmente ha accettato di rispondere alle nostre domande.

L’intervista

‘Dottore, l’analisi della casistica di femminicidi fa emergere un’incidenza maggiore di questi tragici epiloghi nell’ambito della violenza domestica più che nello  stalking. Quale può essere la spiegazione? E quali sono le analogie o le differenze tra le personalità dei protagonisti?

‘Partendo dal fatto che la violenza domestica sia frutto di una situazione psicologica particolare ( tanto del maltrattante che del maltrattato), va messo in rilievo comunque che la psicologia del maltrattante domestico può essere simile a quella dello stalker. Ma ci sono comunque delle differenze.

Indubbiamente, posto che il femminicidio sia l’evento clou in entrambe le circostanze, il maggior numero di questi tragici epiloghi in ambito domestico è da attribuirsi alla convivenza, che li facilita. Anche nel caso di mariti separati che, comunque, vengono fuori da una storia di convivenza.

Ne è la prova che anche nello stalking si arriva all’uccisione della partner se vi è stata in precedenza una storia di convivenza’

‘Perché?- gli chiedo’ Quale meccanismo scatta?

‘La volontà di recuperare un potere che si è perso’

‘ Ma si rileva un forma ossessiva, direi delirante, nello stalker, che si differenzia dal maltrattante anche per le modalità’

Le modalità cambiano ovviamente perché lo stalker non ha quel contatto fisico che può avere il maltrattante. Non vi é infatti continuitàdi convivenza concreta, reale, se non quella della sua costante, ossessiva presenza.

Va detto inoltre che le tipologie dello stalker sono diverse e, di fianco alla prima tipologia, quella del rifiutato, ne emerge un’altra: quella del cercatore d’intimità. In questo caso siamo di fronte ad una persona che è incapace di creare un rapporto. Una persona che ha grosse difficoltà interiori, incapacità di gestire le situazioni. Quindi teme il no, il rifiuto. E, quando il rifiuto c’è, vede in esso un attentato alla propria sicurezza che scatena l’aggressività. Suo scopo resta comunque la riconquista del potere’

Le personalità

‘Indubbiamente personalità fragili, sia per il maltrattante che per lo stalker. Ma si possono ravvisare vere e proprie patologie?’

Dipende dai casi- mi risponde– Nel caso dello stalker,  che edifica nella sua fantasia un rapporto, il rifiuto rappresenta un’umiliazione delirante, indubbiamente patologica, che provoca l’aggressività. In taluni casi estrema, come testimonia il caso della ragazza uccisa a Messina.

Ma anche nel maltrattante domestico possono esservi manifestazioni deliranti, ossessive’

‘Ma in questo caso c’è la complicità della vittima’

Indubbiamente, perché si è di fronte a un rapporto patologico. Una comunicazione mediata dalla violenza. Un rapporto diversificato dalle varie  personalità delle vittime e da quelle dei maltrattanti, nonché dall’ambiente culturale.

La figura dello Stalker

Quanto allo stalker,vi sono 4 tipologie che vengono descritte. La prima è quella dello stalker rifiutato, di cui si è già parlato. La seconda è quella dello stalker offeso, che si sente vittima di un’ingiustizia. Ed anche in questo caso scatta l’aggressività per vendicarsi del torto subito, almeno nella sua fantasia.

Ovviamente siamo di fronte ad un disturbo della personalità che , tuttavia non li assolve dalle responsabilità giuridiche e morali.

La terza tipologia è quella dello stalker che cerca intimità, che è incapace di gestire. Conseguentemente struttura un delirio nel quale ha un rapporto consolidato e si meraviglia quando la sua ‘vittima’non corrisponde.

Infine vi è la quarta tipologia, la più pericolosa, quella dello stalker predatore che agisce per creare una situazione idonea ad un agguato, di solito sessuale, Quindi può stuprare.

Indubbiamente siamo di fronte allo stalker più pericoloso anche dal punto di vista giuridico, perché è il più violento, perché può arrivare al femminicidio. Portato al voyeurismo, cerca di guardare la sua preda  nella sua attività sessuale con l’eventuale  partner. E vi riesce grazie alla sua capacità di pianificare tutto in vista dell’agguato finale.

Comunque in  tutti i casi siamo di fronte a personalità disturbate, afflitte da un disturbo narcisistico.’

 Tra il maltrattante domestico  e lo stalker chi è più pericoloso?

‘ Il maltrattante, perché agisce d’istinto, mentre lo stalker pianifica.’

Quali possono essere stati i fattori che hanno determinato simili personalità e che ruolo può avere avuto la famiglia?

Certamente, nel caso del maltrattante, ha assistito o ha subito delle violenze. In famiglia o nei rapporti sociali.

Diversamente lo stalker può aver subito diversi traumi. Quali l’abbandono, l’isolamento causato dalla mancanza di dialogo con i genitori, oppure la loro assenza psicologica. Ma anche episodi ripetuti di bullismo possono aver inciso negativamente sulla sua psiche  

E quindi? Ha elaborato un super ego?

Certamente, proiettandosi in una dimensione immaginaria fino al delirio. Sostanzialmente ad un’interpretazione auto-riferita della realtà.

C’è molto da fare- dico con amarezza dopo qualche minuto di silenzio- non crede dottore?

Certo, ma abbiamo iniziato e credo che si sia sulla strada giusta.

Conclusioni

La nostra intervista si conclude  qui. E, un po’ perplessi, dopo aver ringraziato il dott. Matacchieri, ci allontaniamo ancor più smaniosi di quel radicale cambiamento culturale e sociale di cui tanto si parla.

Ci allontaniamo con la consapevolezza di doverne parlare, affinché la nostra voce possa contribuire all’acquisizione della consapevolezza del sé e dei propri diritti da parte delle donne

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.