La corsa al riarmo di Ursula Von Der Leyen e le incertezze sull’apertura dei dialoghi con gli Stati Uniti d’America, preoccupano il leader leghista Matteo Salvini.
La strada verso il Viminale è ancora più lunga del Ponte sullo Stretto. Matteo Salvini in materia di dazi, non glissa, ma punta il dito verso l’orizzonte cupo e incerto, i dazi fanno paura e a preoccupare il leader leghista è il modo in cui l’UE, dovrà aprire i negoziati con Washington in merito ai dazi sulla circolazione delle merci da e verso gli States. Da fonti interne alla lega, Salvini sarebbe più felice con l’apertura di dialoghi bilaterali piuttosto che allargati e Giorgia Meloni sarebbe la punta di diamante nei dialoghi con il leader supremo Donald Trump.
L’Europa per i leghisti non è il posto adatto, non lo è nemmeno per l’Italia, considerata da Salvini semplicemente un paese socio alla mercè dell’acerrima nemica Ursula Von der Leyen, responsabile del progetto del riarmo, che avrà come fine il diritto alla difesa a partire dal 2030. Ma si! Bisogna pur spendere per aiutare tedeschi e francesi nella vendita delle armi, bisogna anche dare una mano alla Leonardo, l’azienda leader nella progettazione di software per la gestione e la difesa dello spazio aereo, ma tutto questo non è affascinante?
Matteo Salvini, sembra estasiato nel nominare Marine Le Pen, alle spalle di Antonio Tajani, esploratore e uomo in missione in India, alla ricerca di stabilità e fiducia nella giungla dei mercati globali. Ma i fatti rimangono, e si chiamano dazi, con nuovi competitor (nuovi per dire), pronti a rispondere alle imposizioni dello Zio Sam.
Matteo Renzi invoca il nome più autorevole e competente nell’area UE e più rappresentativo in Italia e oltre oceano, per intraprendere i dialoghi con gli USA?
Il nome di Mario Draghi si fa strada nelle stanze di Italia Viva e il testimonial è Matteo Renzi, che reputa l’economista ed ex presidente del consiglio in Italia, competente e perfetto per il ruolo di mediatore nei dialoghi con Donald Trump. L’Europa pensata da Renzi, sarebbe quella che dovrà parlare con una sola voce, e dove l’Italia dovrà essere rappresentata da uomini e donne autorevoli e con la giusta spinta per salvare le economie nazionali a rischio. E qui, sulla scia delle frecciaste di Salvini verso un’Europa arrogante e considerata club esclusivo composto da soci con tessera annonaria e che privilegia i soci con tessera gold, ci si dimentica di quell’arroganza di Emanuelle Macron, della flemma britannica occupata a risolvere le vistose lacune della brexit e con una Germania tornata alle mirabolanti manovre economiche alle spalle dei fessi di turno. Nel pastrocchio finanziario targato Von der Leyen, lo spagnolo Pedro Sanchez alimenta le incertezze trattando con i colossi finanziari cinesi, per salvare il volume delle esportazioni spagnole verso l’Europa del nord e per assicurare la stabilità finanziaria ai mercati interni spagnoli. L’ultimo baluardo che svetta solitario come il dardo d’argento, per Matteo Salvini, rimane Giorgia Meloni, con le larghe intese con gli squattrinati emiri degli Emirati Arabi Uniti e con l’agenda sempre aperta alla pagina crescita e sviluppo. Per il resto la destra italiana a bocca di Matteo Salvini, fiducioso nel viaggio della leader Meloni in USA, si domanda spesso: Ma Unione di che cosa?
Sull’asse Roma-Berlino, nessun compromesso se non quella certezza matematica che Berlino sia nostra diretta concorrente, favorita dall’UE.
I tedeschi sono i primi diretti concorrenti, insieme alla Cina, dell’Italia, “dovremmo quindi abbracciare i tedeschi, aprire le porte alla Cina, in un’azione anti-USA?”, sbotta ancora Salvini delineando il quadro chiaro dell’economia europea, non dalle larghe intese, ma frutto di un ristretto manipolo di politicanti in chiave affaristica? Se dobbiamo essere analitici, con queste semplici parole, abbiamo evidenziato gli schemi di Ursula Von der Leyen e della schiera politica evidenziata nella sua agenda, che va al di fuori dei canoni di crescita e sviluppo.
I dialoghi tra Bruxelles e Washington dovranno avere un unico filo conduttore, dove a trattare dovranno essere tutti insieme. altrimenti l’Europa resta solo il frutto del miraggio di un’oasi che in realtà non esiste e non è mai esistita.