La cucina è spesso percepita come un rifugio dalla frenesia del mondo, un ambito intimo, quasi sacro, in cui si celebra la cultura e la tradizione. Tuttavia, anche la tavola non è immune alle turbolenze della geopolitica globale. I piatti che consideriamo “nostri”, frutto della storia e delle abitudini locali, risentono quotidianamente delle decisioni prese a migliaia di chilometri di distanza. Un esempio emblematico? La cacio e pepe, icona della romanità e simbolo della semplicità culinaria italiana.

Con la presidenza di Donald Trump, gli Stati Uniti hanno imposto una serie di dazi doganali su numerosi prodotti europei, tra cui diversi formaggi italiani, in risposta a una disputa commerciale legata agli aiuti statali concessi al consorzio Airbus. Tra i prodotti colpiti figura il Pecorino Romano, ingrediente chiave della cacio e pepe. Questo formaggio, ottenuto dal latte di pecora e prodotto secondo regole rigide, rappresenta l’anima sapida e decisa del piatto.

Con l’introduzione dei dazi , che in certi casi hanno superato il 25% , esportare Pecorino Romano negli USA è diventato improvvisamente molto meno conveniente. Il prezzo per i consumatori americani è aumentato, causando un calo della domanda e mettendo in difficoltà sia i produttori italiani che i ristoratori d’oltreoceano che cercavano di mantenere l’autenticità del piatto. In molte cucine, si è assistito a sostituzioni con pecorini locali o addirittura con formaggi completamente diversi, come il Grana o il Parmigiano, snaturando l’identità del piatto.

La vicenda del Pecorino Romano è solo un esempio di come le tensioni tra Stati influenzino la disponibilità, il costo e persino la qualità degli alimenti. I dazi non sono gli unici strumenti geopolitici che impattano sulla cucina: sanzioni, guerre, crisi economiche, accordi commerciali e cambiamenti climatici ,tutti eventi legati alla sfera geopolitica, modificano la filiera agroalimentare globale.

Ogni ingrediente ha una storia internazionale. Il pepe nero utilizzato nella cacio e pepe, ad esempio, proviene in gran parte da Vietnam, India e Indonesia. Eventuali instabilità politiche o blocchi alle esportazioni in questi Paesi potrebbero rendere più difficile o più costoso reperirlo. Allo stesso modo, il grano duro utilizzato per la pasta secca italiana dipende sempre più da forniture internazionali, in particolare dal Canada, anch’esso soggetto a tensioni commerciali.

Il caso della cacio e pepe dimostra quanto la tradizione sia oggi un concetto sempre più interconnesso. Anche un piatto che sembra immune al cambiamento, fatto con soli tre ingredienti, può risentire delle scelte politiche prese in un’altra parte del mondo. La globalizzazione ha permesso di esportare la cucina italiana ovunque, ma ha anche reso ogni piatto vulnerabile a ciò che accade al di fuori della cucina

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