Se Atene piange, sparta non ride. Alle prossime regionali si profilano due delicate contese per i due diverso schieramenti. Se il Pd, infatti, ha i suoi problemi con la Campania, dopo la sentenza della Consulta che ha messo definitivamente fuori gioco il viceré di Salerno Vincenzo De Luca, il centro destra deve fare i conti con il Veneto di Luca Zaia, anch’egli messo fuori gioco al pari dello sceriffo. La Lega, come ha fatto intendere chiaramente lo stesso Zaia, ma anche Claudio Durigon, non ha alcuna intenzione di lasciare una regione, che considera culla della sua storia all’alleato, malgrado Fdi abbia il triplo dei voti. “ Per Fratelli d’Italia era forse meglio che Zaia corresse per un terzo mandato, perché sarebbe stato più semplice dare il via libera a lui piuttosto che ad un altro esponente leghista che certo non ha il suo carisma e il suo serbatoio di voti. “dice un deputato di lungo corso della Lega.

Ed in effetti paradossalmente la sentenza della Consulta invece che alleggerire il compito della Schlein in Campania e quello della premier in Veneto, rischia seriamente di creare ulteriori attriti sia in un fronte che nell’altro. La cosa che dovrebbe tranquillizzare la coalizione di centrodestra è il fatto di dover fare i conti con un’opposizione, che in Veneto da anni non tocca praticamente palla. È una prassi in cui il centrosinistra, in Veneto, dimostra una perversa coazione a ripetere: negli ultimi trent’anni, sei volte si è votato per le regionali, e sei volte ha inanellato sistematiche sconfitte tracimate a volte in autentiche batoste. Non si tratta quindi tanto della scelta del candidato a determinare il voto, malgrado Zaia alle ultime elezioni abbia trionfato con percentuali mai viste nemmeno a queste latitudini. Il centrodestra ha sopravanzato il centro sinistra del 55 per cento a 32 nel 1995; del 55 a 38 nel 2000; del 50 a 42 nel 2005, del 60 a 29 nel 2010; del 50 a 23 nel 2015; fino ad arrivare appunto alla percentuale bulgara di Zaia con il 77 a 16 nel 2020. Non diversamente è andata sia alle europee che alle nazionali: 56 a 23 alle politiche 2022, 58 a 25 alle europee 2024. E il partito principale, il Pd, nelle ultime tre regionali è sceso dal 20 al 12 per cento, risultando il fanalino di coda nella graduatoria di consensi della casa-madre.

Certamente su queste debacle in serie molto ha inciso la scelta di candidati sbagliati che, oltre a essersi rivelata perdente nelle urne, sono letteralmente spariti in corso di legislatura, lasciando l’opposizione priva di un vero leader. Ma anche il fatto che storicamente il Veneto è sempre stata un Regione del fare, e per un partito come il Pd, che invece si rivela troppo spesso impegnato in battaglie ideologiche, non c’è partita. Ed è anche per questo che, paradossalmente la contesa nel centrodestra si complica, perché le forze in campo si sono letteralmente ribaltate in pochi anni. Fratelli d’Italia alle europee ha conquistato il 37% dei voti, dal 6% di cinque anni prima, mentre la Lega è passata dal 49,88% del 2019 al 13,15% del 2024. Ed ecco allora che con questi numeri diventa davvero complicato per la Lega pretendere di dare le carte. Ma tant’è nel centro destra, al contrario del centrosinistra, spesso per la tenuta della coalizione è più importante delle bandierine “Sul tavolo delle trattative arriveranno i nomi migliori di tutte le realtà. Sarà individuato il profilo ideale per garantire il governo migliore ai veneti”. Ha detto Luca De Carlo, il plenipotenziario del partito in veneto, a cui più di uno nel partito di maggioranza relativa (forse anche la premier stessa) vorrebbe affidare la candidatura alla presidenza per il centrodestra.  Ma certamente anche il dato del 44,5% preso dalla lista Zaia alle ultime regionali del 2020 (quando però la Lega era ancora, a livello nazionale, il primo partito del centro destra con oltre il 23% dei consensi contro poco più del 16 di Fdi) non può non avere un peso sulle riflessioni che si stanno facendo in queste ore. E non si tratta di trovare un incarico di governo a Zaia, a cui secondo i suoi fedelissimi a lui non interesserebbe, ma di riuscire a capire come mediare con lui per non rischiare una dispersione di voti, che potrebbe rendere la corsa del centrodestra sicuramente più complicata. “Luca Zaia potrebbe forse accettare solo un ruolo, che è quello di ministro delle riforme, se avesse la garanzia che di potere arrivare finalmente all’approvazione della autonomia differenziata, la cosa a cui tiene di più dopo la presidenza del suo amato Veneto, ovviamente.” dice un senatore della Lega.

Difficile, infatti, pensare che Zaia potrebbe accontentarsi di fare il semplice sindaco di Venezia, a meno che alla Regione Veneto non arrivasse un suo uomo di fiducia, per garantire una continuità (magari anche un po’ “eterodiretta”) nella sua azione di governo in veneto, in questo ultimo decennio.  I nomi che si fanno d’altra parte sono tutti uomini fedeli al “doge”, a cominciare dal rampante sindaco di Treviso, Mario Conte, o dalla vicepresidente regionale Elisa de Berti, il capogruppo della Lega-Liga Veneta in Consiglio regionale Alberto Villanova, per arrivare a quello che sembra essere per ora in pole position, il vicesegretario Alberto Stefani, dato in grande ascesa nelle gerarchie leghiste. La situazione comunque è ancora fluida, le elezioni sono ancora relativamente lontane (autunno di quest’anno) e ancora tutto può succedere, ma certo è che a sentire quelli di Fdi, pensare ad un baratto tra Veneto e Lombardia, come raccontano molti retroscena sui giornali, appare una soluzione piuttosto complicata da perseguire. Primo perché il voto è previsto nel 2028, che per la politica è un’era geologica, poi perché adesso alla guida della Lombardia c’è l’agguerritissimo Massimiliano Romeo, capogruppo al senato, che ha già fatto capire che di cedere la Lombardia lui proprio non ne vuole nemmeno sentire parlare. Però certo è che, come fanno notare fonti ad alto livello di Fdi, alla fine quello che conta in politica sono i voti, e sia in Veneto che in Lombardia (Fdi 31,9 contro il 13,6 della Lega) i numeri sono lì a evidenziare quali siano le forze in campo nel centro destra.

 

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