di Carlo Di Stanislao
La pietra ribaltata: misteri gnostici del Lunedì dell’Angelo
“Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per compiere il miracolo della Cosa Unica.”
— Ermete Trismegisto
Nel cuore del tempo sacro, il Lunedì dell’Angelo segna un passaggio invisibile: la materia si svuota, lo Spirito emerge, e una pietra rotolata diventa l’asse di un mondo ribaltato. Non è solo memoria del corpo assente del Cristo, ma enigma vivente, soglia tra il visibile e l’invisibile. L’angelo seduto sul sepolcro non è messaggero di consolazione, ma guardiano iniziatico: invita non a credere, ma a vedere.
La tradizione gnostica legge la resurrezione come un evento interiore. Il Cristo non torna alla vita biologica, ma ascende come Nous, il principio divino che dimora in ogni essere umano e che, una volta risvegliato, lo redime dalla prigione della carne.
“Se tirerai fuori ciò che è dentro di te, ciò che è dentro di te ti salverà,”
recita il Vangelo di Tommaso (loghion 70), voce cristallina di un cristianesimo sotterraneo, silenziato dalla storia, ma vivo nella coscienza di chi cerca.
Nel testo di Matteo, l’angelo che appare al sepolcro non parla della morte, ma della sua scomparsa:
“Non è qui. È risorto.” (Mt 28,6)
È un’affermazione radicale: il divino si è sottratto al luogo in cui lo si cerca. Non è nella tomba, né nel dogma. È altrove. È in noi.
Nella visione teosofica di Helena Blavatsky, la resurrezione è il simbolo del ritorno dell’anima alla sua origine, attraverso la materia che ha abitato e trasceso. L’angelo, o Deva, è la coscienza superiore che accompagna il discepolo nel “rito cosmico del risveglio”. Rudolf Steiner, da parte sua, interpreta il Cristo risorto come prefigurazione del corpo eterico dell’umanità futura — un’umanità redenta non dal sacrificio, ma dalla trasmutazione interiore.
La Cabala riconosce in Yesod il fondamento della resurrezione: non un miracolo, ma un passaggio da un piano all’altro. Scrive lo Zohar:
“Quando l’anima sale, essa incontra l’angelo che le mostra la Luce che era nascosta in lei fin dall’inizio.” (Zohar I, 99a)
La tomba, allora, non è vuota: è piena di Luce invisibile.
In questa luce simbolica e arcana, la morte di Papa Francesco — immaginata, presagita o reale — si veste di significato iniziatico. Non una perdita, ma un atto alchemico. L’autorità esteriore tramonta perché si apra lo spazio dell’interiorità. La “cattedra petrina” cade come pietra antica, per lasciar passare il vento dello Spirito. Francesco, come il santo di cui porta il nome, abbandona tutto per mostrare il nulla fecondo. Muore, forse, perché l’istituzione possa finalmente spogliarsi e risorgere come coscienza.
Il Lunedì dell’Angelo diventa allora dies animae: giorno dell’Anima.
La pietra ribaltata è il cuore umano che si apre.
L’angelo non annuncia la fine, ma la soglia.
E noi — restiamo fermi, tra la tomba e il cielo, in attesa di comprendere.
Poesia finale
di Italo Nostromo
Oltre la Pietra
Non c’è cadavere nel grembo del mondo.
C’è un varco. C’è un vuoto che respira.
Un’orma lasciata sulla soglia dell’invisibile.
Un angelo, forse, o forse solo la tua coscienza sveglia.
Hai temuto la fine,
eppure la fine era solo l’inizio che non accettavi.
Hai cercato un Dio in un corpo,
e non lo hai trovato: perché il suo corpo sei tu
quando ti ricordi chi sei.
Quella pietra che cade non è su un sepolcro.
È il peso che portavi sul cuore.
Rotolata via.
Resti tu.
Nudo.
Risorto.