Mi fanno sorridere coloro che pretendono di dare giudizi su papa Francesco, senza non dico aver studiato i vangeli ma perlomeno averli letti. Un papa, infatti, si può giudicare solo dalla sua vicinanza al vangelo o dalla sua lontananza da esso. Non esiste altra maniera.
E neppure è lecito giudicarlo per ciò che ha fatto o che ha detto prima di essere eletto. Un papa si giudica da come si è comportato, dalle cose che ha scritto e che ha detto durante il suo pontificato. E mi fanno anche sorridere coloro che non avendo avuto in simpatia papa Francesco, ne mettono in evidenza solo i difetti, mentre coloro che lo avevano in simpatia ne mettono in evidenza solo i pregi. No. Papa Francesco aveva i suoi difetti e i suoi pregi. I difetti a mio parere erano minori di quelli che avevano i suoi due predecessori, giacché conservatori e più legati al Catechismo. E questo, alle volte ha pessimi paragrafi che si allontanano dal vangelo.
Lontanissimo dal vangelo, papa Francesco, quando definì la vaccinazione contro il Covid un atto d’amore. Non possiamo però sapere se ne fosse consapevole. Lontano dal vangelo quando affrontò il tema dell’eutanasia, lontano dal vangelo quando con termini impropri e cattivi parlò dell’aborto. Lontano dal vangelo, come del resto i suoi predecessori, quando affrontò il tema del sacerdozio femminile. Molto vicino al vangelo, papa Francesco, quando per la prima volta per un papa, si pronunciò contro la grave piaga dei femminicidi. Tutti i suoi predecessori avevano tranquillamente ignorato il problema. Vicino al vangelo per la sua maniera modesta di vivere.
Vicino al vangelo quando più di una volta ha parlato a favore dei migranti, dei poveri, degli emarginati. Vicino al vangelo quando ebbe a dire che la Nato aveva troppo abbaiato alle porte della Russia. Vicinissimo al vangelo, infine, quando a giustissima ragione ha disapprovato il comportamento ignobile degli israeliani a Gaza. Tutto sommato, un papa sicuramente migliore dei suoi predecessori.
Renato Pierri