Articolo di Theo di Giovanni, in collaborazione con il Centro Contemporaneo delle Arti per la promozione del dialetto cilentano e dei dialetti d’Italia in genere.
Una lingua molti dialetti. Dal tardo latino DIALECTOS e dal greco DIALEKTOS “lingua” derivazione DIALEGOMAI “parlo, converso”.
Attraverso questo schema etimologico si definisce dialetto una lingua locale utilizzata nelle conversazioni.
Non esiste una lingua con un solo dialetto, ma ogni lingua ha diversi dialetti che derivano da una lingua madre; pertanto, il dialetto presenta forme alterate dei vocaboli che intrecciandosi con la lingua creano espressioni e modi di dire di un determinato luogo.
In Italia l’Istat ha stimato che esistono trentuno dialetti che a sua volta hanno generato dei sub-dialetti. Ovviamente la lingua dialettale non segue delle regole grammaticali ben precise, infatti è impossibile reperire grammatiche dialettali dove si potrebbe evincere non solo la storia ma la struttura della lingua stessa (Esistono però dei dizionari di alcuni dialetti dove è possibile rintracciare l’etimologia dei vocaboli). Per quanto riguarda l’italiano si fa riferimento al latino e/o alle lingue neolatine.
Molti studiosi hanno indagato attraverso l’ascolto in modo da poter fornire la genesi dialettale.
La lingua italiana ha tre gruppi di dialetti che differiscono tra Nord e Sud:
1) Dialetti settentrionali:
Gallo Italici (Lombardia, Piemonte, Liguria).
Veneto: Veneto e friulano.
Germanici: Tedesco, Ladino.
Slavi: Sloveno (Friuli-Venezia Giulia).
2) Dialetti centro-meridionali
Meridionali: Toscano, Marche, Umbria, Lazio.
Meridionali intermedi: Abruzzo, Molise, Campania.
Meridionali estremi: Calabria, Sicilia.
3) Dialetti sardi
Sardo: Sud Sardegna.
Sassarese: Sassari.
Logudorese-Campidanese: Nuoro, Oristano.
In questa sede si vuole prendere in considerazione in linea generale, il dialetto Cilentano e le sue assonanze.
Non avendo a disposizione materiale documentato a sufficienza si farà riferimento agli studi condotti da appassionati dialettologi, soprattutto a chi con determinazione ha utilizzato uno strumento di grande valore, ovvero l’ascolto.
Questo inizio di lavoro di ricerca, per quanto possibile, è nato dall’interesse verso la Poesia Vernacolare siciliana e campano-cilentana. L’ascolto che è uno degli strumenti più potenti, è testimone della somiglianza dialettale di queste due realtà ma anche di altre realtà dell’Italia meridionale. Tuttavia, si è voluto dimostrare l’esatto contrario, ma le assonanze non ingannano e non sono neanche accidentali. Osservando la cartina geografica ove si evidenziano i dialetti insulari e peninsulari, si nota che il Siciliano, il Cilentano, il Salentino, hanno un grande comune denominatore, ovvero l’influenza di aree linguistiche del bacino mediterraneo: Nord Africa, (arabo), Spagna, Grecia, e non poteva mancare la derivazione latina quale sufficiente prova della comunione delle strutture lessicali.
Da alcune informazioni si evince che:
Nella zona centro-meridionale del Cilento si incontrano tuttavia alcuni centri che presentano delle caratteristiche glottologiche peculiari e piuttosto arcaiche, che possono essere ricondotte pienamente a quelle tipiche della lingua siciliana, presenti pure nei dialetti del Salento e della Calabria meridionale. Queste caratteristiche, ravvisabili soprattutto nel vocalismo, in diversi esiti fonetici e nel lessico, sono in generale in forte regresso e rappresentano nella maggioranza dei casi un elemento residuale rispetto all’influsso dei dialetti di tipo campano e lucano, tuttavia in alcuni centri tali caratteristiche conservano ancora la preminenza rispetto agli influssi più moderni, in modo tale che questi centri possano tuttora essere considerati isole linguistiche da ascrivere più al gruppo siciliano che italiano meridionale.
Tipo vocalico ‘marginale’ del basso Cilento è riconducibile al vocalismo siciliano, e ciò spiegherebbe le frequenti ‘u’ finali in luogo di ‘o’ nel dialetto basso-cilentano, ad esempio. Diversi gli studi di autorevoli studiosi in merito alla questione del vocalismo marginale nel Cilento e varie le posizioni riguardo il perché della sua persistenza anche di fronte al prestigio di cui ha goduto il napoletano. Pertanto, due sono le tendenze sullo studio di questo tema: taluni sostengono che in passato il vocalismo siciliano fosse presente in tutta la Campania e che in un secondo momento l’idioma partenopeo, ottenuto un certo peso, arrivò ad influenzare solo fino ad un certo punto il Cilento.
Un’altra fonte importante è la Treccani:
Il sistema vocalico siciliano occupa, oltre alla Sicilia, tutta la Calabria a sud del confine meridionale dell’area Lausberg (linea Diamante-Cassano), un ridotto isolato in Cilento meridionale e un’area separata a oriente, formata dal Salento centromeridionale. Vari indizi di carattere testuale e ricostruttivo inducono a credere che l’area di vocalismo siciliano si estendesse un tempo in tutta la Campania meridionale fino al Sele. Anche l’area attuale (Vallo di Diano, Basilicata, Salento settentrionale) in cui vige il vocalismo ‘marginale’ (ī> /Ī/; ĭ, Ē, Ĕ> /ɛ/; Ā, Ă> /ɑ/; ŏ, ō, Ŭ> /o/; Ū> /u/) era probabilmente ‘siciliana’, restituendo la continuità con il Salento centro-meridionale.
E’ necessario però puntualizzare che il Siciliano ha una tradizione letteraria forte quindi i linguisti hanno riunito le affinità di questi dialetti “distanti” col nome di “siciliano”, proprio per le assonanze di vocali. Siccome il Siciliano è una lingua derivante dal latino ben strutturata non è stata difficile l’espansione in tutta l’area meridionale.