NON POSSIAMO TACERE
di Vincenzo Olita*
Felice espressione di Agostino e Benedetto XVI, la riprendiamo per sostenere che viviamo il tempo della confusione e del disordine, in cui non rincorriamo, tra l’altro, neppure le utopie, ma il nulla, come nel caso dell’europeismo.
Panta rei, tutto scorre, si trasforma, sembra nuovo e fa immaginare chissà quali mutamenti, anche, per la condizione umana. Ansie, malinconie, insoddisfazioni accompagnano il cammino verso il futuro, certo, si alternano a gioie, felicità, esultanze e stati di beatitudine. Cambiano stili di vita, benessere, tecnologia che tanto alleviano le nostre quotidianità, ma, diciamolo, l’intreccio delle opposte condizioni, il più delle volte, produce parità se non il pessimismo storico caro a Carlo Magno e Leopardi.
Lo sottolineiamo, siamo a ragionare contro il senso comune di quelli che pensano di sapere ma non sanno, degli attratti dal mondo delle apparenze e non, per dirla con Platone, dal mondo delle idee. Siamo al suo mito della Caverna, alla necessità di non confondere l’apparenza con l’essenza.
Non è tempo di filosofare, abbiamo solo introdotto alcuni punti fermi utili al mio ragionare sull’europeismo, artefice del tramonto di una missione, quella dell’Europa, e del suo crepuscolare futuro.
Nel 2001 introducendo il convegno l’Europa è il futuro della politica riportammo un pensiero di Ralf Dahrendorf: “la libertà ha bisogno d’innovazione, di intraprendenza, la rigidità, il ristagno, la sclerosi sono suoi nemici”.
Fu una delle ultime volte in cui valutavamo benevolmente la costruzione europea. Il 17 febbraio del 2003 già scrivevamo:“Abbiamo due certezze: la crisi, in ordine crescente, di Onu, Nato, Ue e l’inadeguatezza della classe dirigente che si esalta sulle miserie di politica interna e non riflette sulle difficoltà dell’Onu, sul superamento della Nato, sul tramonto dell’organizzazione europea”.
Tralasciando le prime due e le connessioni con l’Ue, crediamo che la raccomandazione di Dahrendorf fosse quanto mai appropriata. Nanismo politico, sclerosi strutturale, una vuota strategia accompagnata da velleità imperiali con venature da Sacro Romano Impero – una capitale, un Senato e popoli aggregati, non incarnano nessuna trascendenza, solo una sbiadita visione del mondo e un accentuato logorio di stampo condominiale.
Quale la Missione? Quale lo Scopo? Fino al primo ventennio del secolo, si sarebbe detto, la pace, oggi è di gran conto solo il motto di Carlo V, “plus ultra”, andare avanti. Ancor meglio, a nostro avviso, sarebbe appropriata l’invocazione medievale dei pellegrini sul Cammino di Santiago “Ultreia et suseia!”, andare oltre sempre in alto.
E sì, per gli europeisti il metaforico scudo della pace è ormai perforato, dopo l’Iraq, la Libia, l’Afghanistan, l’Ucraina di quel velo ne restano brandelli, Per evitare equivoci è bene evidenziare che amore, ammirazione, entusiasmo che proviamo per il continente europeo nulla hanno a che fare con il conformismo ideologico dell’europeismo, che vuole essere un’identità senza Europa, come chiarisce Renato Cristin.
L’ideologia europeista con i suoi 60.000 euroburocrati ha abbracciato il postmodernismo con il suo bagaglio ideologico dal Transumanesimo al globalismo, dal. multiculturalismo alla debole cultura Woke. All’assuefazione per visioni del mondo quali Davos, Fabianesimo, London School Economics e per le olistiche Fondazioni, vere interpreti dell’essenza anti tradizione del pensiero e della cultura europea.
Come fautori del liberalismo e quindi delle libertà naturali e individuali non possiamo non respingere tentativi di massificazioni planetarie, di occultamento della tradizione, della cultura, della storia e dei credi che hanno significato la missione stessa di questo continente,
A fronte delle visioni condominiali e del cicaleccio bazar dell’europeismo, non vogliamo e non possiamo cancellare il Medioevo origine dell’identità europea, non possiamo ammirare palazzo Berlaymont a Bruxelles e sottacere l’esistenza delle cattedrali gotiche europee.
Chartre, Reims, Amiens, Canterbury, Colonia, Milano, Beauvais racchiudono religiosità, storia. tradizione, arte, gioie e dolori della nostra terra, dell’Europa, non certo dell’europeismo. Templi in costruzione, quasi tutti, nel periodo in cui in Europa imperversava la grande peste con decine di milioni di vittime, si innalzavano incredibili opere all’Eterno. Ci viene a memoria che durante il Covid, relegati in casa, si scimmiottava con canti su finestre e terrazzi.
Al di là delle contrapposizioni, ritorniamo sul tramonto dell’impero europeista che, con il ritorno di Tramp, subisce l’ennesimo smacco politico, diplomatico, esistenziale che, come nell’ultimo ventennio, ha prodotto l’ennesima litania:
“Ci vuole più Europa”.
Questa volta, però,l’esclusione dai colloqui di pace in Ucraina tra Russia e USA, l’inesistenza anche diplomatica in Medioriente, l’introduzione dei dazi, ma ancor più, la mutata strategia statunitense con la prospettiva dell’alleggerimento, tra NATO ed Europa,dell’impegno militare hanno provocato un profondo shock esistenziale.
La costanza del non esserci svelando, ancora una volta, l’assenza di qualsivoglia progetto strategico ha causato fratture con gli USA, tra alleati e in aggiunta una profonda crisi identitaria.
Allora, facendo affidamento sulla sconsideratezza del presidente ucraino, disponibile a continuare un conflitto, a questo punto perso, e non voluto dalla maggioranza del suo popolo, la Brigata europeista con l’afflizione di non rappresentare nulla o quasi sullo scacchiere internazionale, ha ritenuto di darsi un ruolo e una missione assicurando al dissennato Zelensky il proprio sostegno militare. Questa la conclusione a cui è pervenuto il tandem franco-tedesco con l’aggiunta del britannico extra Ue
Genialità politica, intuizione strategica, eccelso ragionamento hanno consentito l’immediata fattiva mobilitazione. L’intellighenzia si è concentrata sull’asse Parigi-Londra con il tedesco Olaf Scholz in qualità di aiutante di campo. Ecco, allora, un vorticoso intreccio d’incontri politici, militari, di uomini di buona volontà, nell’assicurarsi il proprio futuro: nulla più di questo. Il disegno strategico progettato, più per essere di disturbo per Washington che per Mosca, è partito con grande baldanza per l’esaltazione del prossimo riarmo europeo, raccontato dal documento della von der Leyen “Rearm Europe” furbescamente declassato a Difesa europea. Per ora arenato causa diversi orientamenti nazionali, nessuna chiarezza per la funzione della NATO, la posizione USA e gli intendimenti dell’ipotizzata brigata franco britannica da schierare in Ucraina. Insomma, un vuoto che appare vulcanico grazie anche al problema dazi, che primeggia sul pericolo russo, fornendo agli europeisti di carriera ancora un’occasione per riaffermare lo slogan “Più Europa”.
In sostanza, la possibilità di un nuovo rinascimento europeo, di volta in volta, di crisi in crisi, da utopia in utopie, da fallimenti in fallimenti, si è del tutto affievolita in un’Europa senza missione dove il suo nanismo favorisce l’alternanza di politici senza politica, quasi sempre estranei, al divenire del Pianeta.
“Ahi serva Europa, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie ma bordello”. Dante, Purgatorio VI Canto, è bastato sostituire Italia con Europa per rendere di toccante attualità l’accostamento. Siamo al tempo dei viaggi, i leader europei, dalla Cina al sud est asiatico, sono in missioni diplomatiche per sondare nuovi mercati, diverse cooperazioni e chissà, in prospettiva inedite alleanze. Un europeismo non sui mercati ma sul mercato della pochezza strategica, capace di ridurre dignità e autorevolezza del continente con comportamenti e situazioni ossimoro.
Visioni aleatorie, strategie non strategiche, comportamenti inconcludenti, benefici, forse, ad gentem o ad personam, questo il libro che stiamo leggendo e il film che stiamo guardando. Confortante? Illuminante? Certo che No!
Ad ascoltare i politici della maggioranza, gli altri tre continenti sono prontissimi ad aprire i loro mercati alle nostre merci, forse, non hanno sentore della penetrazione cinese in una quarantina di nazioni africane e in tante del mondo asiatico, per non citare gli ultimi arrivati, gli Indiani. Come italiani, noi, siamo ben piantati al ricordo del reale Piano Mattei e lasciamo alla quotidianità della politica l’esaltazione di un poco comprensibile nuovo progetto.
Tra il sogno di un nuovo impero d’Occidente, la presunzione di essere ancora al centro del Pianeta, pari solo a quella della vecchia Inghilterra che continua a credere che Piccadilly Circus sia l’ombelico del mondo e una governance attenta ai dettami dell’intellighenzia globalista più che alla vita delle genti d’Europa, gli europeisti non hanno compreso che innanzi avevano la possibilità di rimodellare ruolo e posizione oggi del tutto modesti.
Il pianeta super armato non ha bisogno di riarmi ma di poli di neutralità attiva, capaci di discernere il bene e il male nei reali centri di potere, comprendendo che destra e sinistra sono termini e posizioni desuete, già messe in discussione da Ortega y Gasset negli anni venti dello scorso secolo.
Semantica e terminologia politica abbisognano di essere ripensate, riconsiderate, dopo due tre secoli in cui i rapporti di forza, i poteri, le non ideologie, hanno altri significati. Comunicazione e appartenenze hanno altre origini e diverse motivazioni.
Un ridimensionamento dell’europeismo, forse, potrebbe significare il parto di un’Europa rinascimentale che non sposa acriticamente o per partito preso nessun polo, ma anzi essa stessa, polo denuclearizzato, potrebbe indicare il cammino per un pianeta in cui multipolarismo e multilateralismo possano essere assi d’equilibrio rispetto all’esistenza di solo due imperi che ingabbiano anche il futuro delle Genti.
Ma questo è altro ancora.
*direttore Società Libera