…. una memoria in frantumi tra ideologie stantie e demagogia spicciola

Assistiamo, in questi giorni di commemorazione della Liberazione, a un singolare e inquietante cortocircuito tra la sacrosanta memoria di un evento fondante della nostra Repubblica e le prosaiche, ma non meno urgenti, problematiche del nostro presente. Da un lato, l’eco lontana di una lotta per la libertà, narrata con la retorica appassionata di chi ne rivendica un’esclusiva paternità ideologica. Dall’altro, la cruda fotografia di un sistema di welfare in affanno, incapace di dare risposte concrete ai bisogni essenziali dei cittadini più fragili, come gli anziani affetti da Alzheimer. Un mélange indigesto che rischia di trasformare la riflessione storica in stucchevole autocelebrazione e la denuncia sociale in sterile lamentela.

La memoria, si sa, è un organo fallace, incline all’oblio selettivo e alle ricostruzioni edulcorate. Ottant’anni dalla Liberazione eppure, leggendo certe analisi, sembra che il tempo si sia cristallizzato in una narrazione monolitica, dove l’intelligenza politica di una singola forza, pur con il dovuto rispetto per gli altri, viene elevata a unico motore di un processo complesso e multiforme. Un’operazione di retroguardia ideologica che sa di naftalina, un tentativo maldestro di attualizzare categorie del passato a una realtà radicalmente mutata. Ci si aggrappa con nostalgia a un’epopea tramontata, quasi a voler esorcizzare la fragilità di un presente che sfugge a facili schemi interpretativi.

E mentre la sinistra, con un patetismo a tratti stucchevole, rievoca fasti di un tempo che fu, autoassolvendosi e demonizzando l’oggi, la politica contemporanea sembra smarrita in un labirinto di demagogia inconcludente. Il Terzo Settore ad esempio alza la voce, denunciando il caos normativo che affligge le RSA e scarica sui tribunali il peso di decisioni che la politica non ha il coraggio o la capacità di prendere. Si parla di diritti negati, di famiglie esasperate, di un welfare che scricchiola sotto il peso dell’incuria e dell’indifferenza. Ma alle vibranti denunce seguono, troppo spesso, palliativi insufficienti, promesse vaghe e rimpalli di responsabilità.

La questione delle rette per le RSA, con la sua potenziale e iniqua distinzione tra malati di Alzheimer e altre patologie, ne è un esempio lampante. Si paventano soluzioni parziali che rischiano di creare ulteriori disparità, mentre la radice del problema – la sostenibilità complessiva del sistema di cura per la non autosufficienza – rimane irrisolta. La politica si agita, annuncia discussioni parlamentari che non producono risultati concreti, lasciando che siano le sentenze dei tribunali a colmare i vuoti legislativi. Una abdicazione al proprio ruolo che suona come una sconfitta per l’intera collettività.

E in questo scenario desolante, la retorica sulla Liberazione rischia di suonare stonata, un esercizio di stile fine a sé stesso se non accompagnato da una reale capacità di affrontare le sfide del presente con la stessa determinazione e lo stesso senso di responsabilità che animarono i protagonisti di quella stagione. A cosa serve rievocare l’unità nazionale e la lotta per la dignità se poi si lasciano soli i cittadini più vulnerabili, schiacciati da un sistema di welfare inefficiente e da una politica miope?

La “beata gioventù” , forse inconsapevolmente, si trova oggi a ereditare non solo una Costituzione nata dalla Resistenza, ma anche un presente intriso di contraddizioni e di problemi irrisolti. Una memoria che invecchia senza tradursi in azioni concrete, ideologie che appassiscono senza generare nuove visioni, una politica che si nutre di slogan ma stenta a trovare soluzioni: questo è il pesante fardello che grava sulle spalle delle nuove generazioni. Forse, invece di piangere sul latte versato di un passato idealizzato, la sinistra (e non solo) dovrebbe interrogarsi seriamente sulle proprie responsabilità nel presente, smettendo di guardare con lacrime di coccodrillo a un’immagine di sé ormai sbiadita e concentrandosi sulle urgenti necessità di un Paese che ha bisogno di risposte concrete, non di retorica nostalgica. La vera eredità della Liberazione non è un monumento al passato, ma un impegno costante per costruire un futuro di giustizia e di dignità per tutti.

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