© foto di SSC Bari

Ultime scintille in un campionato che si spegne lentamente. Al “Marulla San Vito” di Cosenza si disputa una sfida tra due squadre in caduta libera, accomunate da un destino incerto e da prestazioni spesso indecorose. Il Cosenza, con un piede e mezzo in Serie C, non vince dal lontano 7 marzo – guarda caso contro la Reggiana, diretta rivale nella lotta per non retrocedere – e si aggrappa con le unghie a una speranza di salvezza che somiglia sempre più a un miraggio. Di fronte, un Bari spento, senz’anima, intrappolato nel limbo di chi non ha ancora la certezza della salvezza, ma che nemmeno riesce a illudersi davvero di poter inseguire un posto nei playoff. Una sfida disperata tra due delusioni: chi proverà a lasciare almeno un ultimo segno prima del buio?

Ennesima rivoluzione in formazione: Favasuli torna titolare e fin qua nulla quaestio, quindi, a sorpresa, dentro Pucino da capitano al posto di Obaretin, Maiello al posto di Maita, Lella al posto di Benali, mentre Falletti è confermato insieme a Lasagna. Saco in tribuna a vedere la partita con Marfella. Dunque trentacinquesima formazione diversa in campo oggi. Segnale chiaro e preciso dell’inaffidabilità della rosa a disposizione a cui fa seguito la confusione dell’allenatore che fa fatica a comporre quella giusta.

Primo tempo a ritmi alti al “Marulla”, con il Cosenza che parte meglio e sfiora subito il vantaggio con Rizzo Pinna, il cui tiro dal limite esce di poco. Il Bari risponde con un’occasione costruita da Lella per Dorval, che però spreca calciando fuori col sinistro. Le squadre si equivalgono nei primi minuti, ma è il Cosenza a sfiorare ancora il gol con un colpo di testa di Sgarbi che si stampa sul palo dopo un bel traversone di Rizzo Pinna. Poco dopo, lo stesso Rizzo Pinna colpisce la traversa su punizione, e sulla respinta è Gargiulo – al primo gol in B dopo due anni, per inciso – a ribadire in rete il vantaggio dei padroni di casa.

Un primo tempo imbarazzante per il Bari, probabilmente uno dei peggiori visti quest’anno – e ce ne sono stati molti. Zero tiri in porta contro l’ultima della classe, che al 99% saluterà la B, davanti ad uno stadio vuoto coi soli 806 tifosi del Bari a far rumore, e ben tre occasioni nitide concesse: due legni e un gol. Se qualcuno cercava conferme sullo stato disastroso della squadra o coltivava ancora qualche illusione, ora dovrebbe averle perse definitivamente.

Longo prova a rianimare il Bari con una girandola di cambi: dentro Favilli, Bonfanti e Benali per Lasagna, Maiello e Maggiore (già ammonito). Ma la scossa non arriva. Il Cosenza, ben messo in campo, continua a pressare con ordine e a spegnere sul nascere ogni timida ripartenza barese. I padroni di casa sfiorano il raddoppio in più occasioni: Artistico, lanciato a tu per tu con Radunovic, si incarta sul dribbling e spreca tutto; poco dopo lo stesso Artistico calcia alto un rigore guadagnato da Florenzi dopo un fallo ingenuo di Falletti.

Il Bari prova a rispondere con Bellomo al posto di un impalpabile Falletti e con il turbo di Pereiro per Favasuli, ma nonostante l’assetto ultra offensivo – con anche Bonfanti e Favilli – la squadra continua a non tirare in porta. L’unico vero sussulto arriva da Dorval che sfonda a sinistra e serve Favilli, la cui conclusione di prima colpisce la traversa. Poi ancora Favilli ha due occasioni nel finale: una conclusione larga da posizione favorevole e un colpo di testa sopra la traversa su corner di Bellomo.

Il Cosenza non arretra, anzi, sfiora il colpo del k.o. più volte: Ricci serve Kouan che sbaglia, poi Simic regala palla e Ricci spreca ancora. E infine Artistico, per la seconda volta, si presenta davanti a Radunovic ma si fa nuovamente ipnotizzare. Il rigore concesso al Bari nel finale per fallo su Favilli viene annullato dal VAR: era fuori area.

Il Cosenza porta a casa una vittoria meritata con grinta, organizzazione e cuore. Il Bari, invece, è il solito spettro: inconsistente, confuso, incapace di reagire. Terza sconfitta nelle ultime cinque e prestazione sconcertante contro l’ultima della classe, che oggi ha dato una lezione di spirito e voglia. L’orgoglio del Cosenza ha avuto la meglio sull’apatia barese.

Difficile, quasi impossibile, commentare un’altra prestazione che definire indecorosa sarebbe eufemistico. Al “Marulla” di Cosenza, il Bari ha toccato un nuovo fondo. E se lo scorso anno si credeva di aver raschiato il barile, oggi si ha la netta sensazione che quel fondo sia stato sfondato. Il Cosenza – ultimo, disperato, condannato al 99% – ha dato lezione di coraggio, organizzazione e orgoglio a un Bari smarrito, apatico, senza anima.

È ormai evidente: questa non è più solo una squadra in difficoltà, è una squadra che ha perso ogni riferimento tecnico, tattico e psicologico. Il calcio, diceva Eduardo Galeano, è un’espressione culturale e sociale. Se è così, allora questo Bari è lo specchio di un’identità in frantumi. E lo è anche di un ambiente che da mesi ha perso la gioia, la passione, persino la speranza.

Doveva essere una gara da vincere con furore, con rabbia, per restare aggrappati a quel treno playoff che passa lento davanti agli occhi di tutti. Invece, è andata in scena l’ennesima rappresentazione dell’improvvisazione, del caos, dell’inconsistenza. Nessun tiro in porta nel primo tempo, poche idee nel secondo, cambi tardivi e inspiegabili, giocatori che camminano in campo. Il tutto condito da un allenatore che, da settimane, sembra aver perso lucidità e – ancor peggio – la fiducia del gruppo. Se Longo voleva motivare dicendo che la squadra è “sopravvalutata”, ha ottenuto l’effetto opposto: la squadra ora è sfiduciata, fragile, disgregata.

E mentre il Cosenza sbagliava gol clamorosi e un rigore, ma dominava sul piano dell’atteggiamento, il Bari continuava con i soliti lanci lunghi alla cieca. Niente pressing, niente seconda palla, niente personalità. Una squadra che, in campo, non sembrava nemmeno chiedere scusa per essere lì.

Ma a chi bisogna chiedere scusa, oggi, sono gli 806 tifosi saliti fino a Cosenza, in un giorno di festa, per sostenere una maglia che amano più di quanto meriti in questo momento. Sono loro i veri sconfitti, loro che ricevono l’ennesimo cazzotto morale da una squadra che li prende in giro anche nel post partita, con le solite frasi vuote: “Ce la stiamo mettendo tutta”. No, non basta più. “L’impegno” non è una giustificazione quando si cammina in campo, quando si perde ogni duello, quando non si tira nemmeno una volta in porta.

Questo Bari è un’offesa, un’onta sportiva per tutti, anche per noi giornalisti che cerchiamo sempre di mantenere un atteggiamento equilibrato, evitando di farci prendere dall’emozione o dal nervoso ma con questo Bari – credeteci – è un esercizio difficile mantenere la calma. “L’inferno sono gli altri”, scriveva Sartre. Ma qui l’inferno ce lo si sta costruendo da soli. E chi ha responsabilità, dentro e fuori dal campo, non può più nascondersi. Basta parole. È ora che qualcuno paghi per questa vergogna.

Massimo Longo

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