© foto di SSC Bari
Ultima spiaggia o ennesima resa? Al San Nicola andava in scena Bari-Pisa, sfida carica di significati e tensione, ma vissuta con stati d’animo diametralmente opposti. I toscani arrivavano nel capoluogo pugliese con un obiettivo chiaro e a portata di mano: bastava un punto per conquistare la promozione matematica in Serie A. Un traguardo che sarebbe stato storico e che, beffa delle beffe, avrebbe potuto consumarsi proprio sul prato del San Nicola, dove i tifosi biancorossi hanno già dovuto digerire fin troppe delusioni. Il Bari, invece, è una squadra malata, prigioniera dei propri limiti tecnici e tattici, spinta da venti perpetui di contestazione, aggrappata a una flebile speranza di playoff e ancora in lotta per una salvezza tutt’altro che certa. L’ambiente è gelido, l’entusiasmo evaporato, il morale sotto i tacchi e l’ennesima contestazione pronta a esplodere: nessuno voleva assistere a un terzo ko di fila, ma soprattutto a un’altra festa altrui nello stadio di casa. Eppure, proprio contro le grandi, il Bari ha spesso mostrato un volto migliore: ha battuto Palermo e Spezia, fermato Sassuolo, Cremonese e Catanzaro, senza dimenticare le retrocesse Frosinone e Salernitana da cui ha ottenuto dieci punti su dodici. E proprio questo spirito ritrovato nelle sfide contro le grandi doveva essere la leva per ribaltare il pronostico e salvare almeno l’onore. Serviva un sussulto d’anima, uno scatto d’orgoglio per evitare di scrivere un’altra dolorosa pagina in uno stadio sempre più vuoto e disilluso. In un campionato mai stato così mediocre, c’era quantomeno da onorare la maglia se proprio non si era in grado di arrivare ai playoff. Ma oggi è stata la classica partita surreale, priva di oggettività.
Longo stupisce ancora: trentacinquesima giornata, trentacinquesima inedita formazione. Stavolta ad aver ragione è il 4-4-2: Radunovic, Pucino, Vicari, Mantovani, Obaretin, Oliveri, Maita, Benali, Dorval, Lasagna, Bonfanti. Favilli squalificato, Favasuli fuori, Simic infortunato. La confusione regna ancora sovrana.
Il Bari approccia con buona intensità e trova subito un’occasione interessante: Oliveri sfonda sulla fascia destra con una bella sgroppata, serve un cross ficcante che viene deviato da Marin e costringe Semper a un grande intervento in angolo. Il gol arriva al 9’: rimessa laterale lunga di Pucino, la palla rimbalza nell’area piccola, Caracciolo sbaglia il tempo dell’intervento e Bonfanti, l’ex di turno, si ricorda come si fa gol e la mette dentro di testa per l’1-0. I biancorossi continuano a farsi vedere con un’azione personale di Lasagna, che va al tiro e trova ancora la deviazione di Semper in angolo.
Dopo il vantaggio, esce fuori il Pisa con personalità. Touré svetta su un cross preciso di Tramoni e impegna Radunovic con un colpo di testa insidioso. I toscani prendono campo soprattutto con le iniziative di Meister, che tenta qualche affondo centrale, ma la difesa del Bari – la quarta meno battuta della Serie B – si fa trovare pronta e compatta. Ancora pericoloso il Pisa con Moreo, che stacca di testa su cross di Sernicola e trova la pronta risposta di Radunovic, bravo a respingere di pugno in corner. Il Bari, però, non resta a guardare e riesce anche a costruire qualche ripartenza pericolosa alla ricerca del raddoppio, mantenendo un buon equilibrio tra difesa e attacco. Ammonito Maita che era diffidato.
Ad inizio secondo tempo giungono notizie confortanti da Reggio Emilia dove la Reggiana è in vantaggio sullo Spezia e, dunque, il Pisa anche perdendo oggi sarebbe promosso in A.
Bari schiacciato Pisa che preme alla ricerca del pareggio insistentemente non dando importanza al risultato dello Spezia.
Benali si fa ammonire anche lui era diffidato.
Il secondo tempo si apre con il Pisa ancora in spinta: Angori trova spazio sulla fascia e mette in mezzo un buon pallone per Moreo, che ci prova di testa, ma è Mantovani a intervenire con decisione e ad allontanare il pericolo. Il Bari soffre, schiacciato nella propria metà campo, e prova a cambiare volto con un triplo cambio: dentro Favasuli per Oliveri, Maggiore per Bonfanti e Lella per Benali. L’intento è chiaro, ma la squadra continua a rimanere bassa, senza riuscire a uscire dalla pressione pisana.
Nel frattempo, l’agonismo e la tensione salgono. Longo si fa espellere per proteste, un gesto evitabile che pesa anche in prospettiva: con lui, Maita e Benali saranno squalificati per la prossima delicata trasferta a Cittadella. Entra anche Novakovich al posto di Lasagna, autore di una prova generosa fatta di corsa e sacrificio, soprattutto in copertura.
Il Pisa continua a tenere il possesso e a cercare varchi, ma senza riuscire a concretizzare, complice una difesa del Bari finalmente compatta e concentrata, capace di respingere ogni tentativo. Anche Bellomo trova spazio, subentrando a Maita già ammonito.
Col passare dei minuti, la squadra toscana appare frastornata, quasi distratta dall’eco della festa ormai nell’aria, e cala d’intensità. Il verdetto arriva da Reggio Emilia: lo Spezia cade, e il Pisa può festeggiare la promozione in Serie A. Il finale è surreale: i pisani celebrano tra sorrisi e abbracci nonostante la sconfitta, mentre i tifosi del Bari, seppur soddisfatti per un risultato che vale oro in chiave salvezza, osservano l’ennesima promozione altrui al San Nicola. Un déjà vu amaro che riapre una ferita mai chiusa: da Piacenza a oggi, quanti anni luce sono passati? E soprattutto: accadrà mai anche a loro?
Certo, ecco il testo integrato con due citazioni che arricchiscono tono e profondità, in particolare sottolineando la disillusione dei tifosi e la necessità di una riflessione profonda sul futuro del club:
Il Bari conquista finalmente la matematica salvezza e, paradossalmente, lo fa nel giorno in cui aggancia l’ottavo posto e riaccende – almeno sulla carta – la corsa ai playoff. Eppure, l’atmosfera che si respira al San Nicola resta pesante, distante, gelida, non si riesce a gioire. Il motivo è chiaro: ancora una volta, una squadra festeggia la promozione in Serie A proprio sul prato di casa biancorosso. Stavolta è il Pisa, accolto da un Bari che ha avuto un sussulto d’orgoglio dopo settimane di prestazioni indecorose. Un colpo di coda utile, ma non risolutivo.
La partita, in sé, dice poco. Buon approccio del Bari, che trova subito il gol con Bonfanti e poi si difende con ordine contro un Pisa già con la testa alla festa, distratto, forse consapevole che il verdetto di Reggio Emilia sarebbe bastato. Diciamo che il Pisa sbarca in serie A non per la gara di oggi ma per quello che ha fatto prima di questa partita, almeno ci piace pensarlo così che forse è più giusto. Il secondo tempo è emblematico: più che con la voglia di rimontare, i toscani sembravano giocare tenendo d’occhio i cellulari, un tempo sarebbero state le radioline, ma il concetto resta. Quando la notizia della sconfitta dello Spezia è arrivata, la gara si è praticamente spenta.
Eppure, è proprio oggi, nel giorno in cui si mette un piede nei playoff, che esplode la contestazione. Un’immagine perfetta – e amara – del Bari di quest’anno: contraddittorio, privo di continuità, incapace di entusiasmare. Una squadra che non diverte, che non emoziona, e che soprattutto non riesce a fare ciò che è nelle sue possibilità. E allora sì, chi ha seguito il Bari per migliaia di chilometri ha tutto il diritto di contestare, perché ciò che manca non sono solo i risultati: è la prospettiva.
Il momento societario è confuso, senza una vera direzione. L’autogestione non è una strada percorribile in una piazza come Bari. Servono chiarezza, competenza, programmazione. Non si chiedono miracoli, non si invocano fondi stranieri o operazioni faraoniche. Basterebbe che la famiglia De Laurentiis si comportasse da ciò che ha dimostrato di saper essere altrove: dirigenti capaci di fare calcio. Il Bari non è il Napoli, ma non è nemmeno il Cittadella. Qui si pretende rispetto, identità, passione. E non c’è più tempo per navigare a vista.
“Non si può attraversare il mare semplicemente stando fermi e fissando l’acqua”, scriveva il poeta indiano Rabindranath Tagore. È la sintesi perfetta di ciò che manca a questo club: il coraggio di muoversi, di osare, di costruire. Rimanere fermi equivale a naufragare lentamente.
Anche la classifica racconta di un campionato mediocre. Il Bari è ottavo, a un punto dal Palermo e a due dal Catanzaro, entrambe in flessione. Una coincidenza quasi ironica vuole che a fianco dei biancorossi ci sia il Cesena di Mignani. Ma anche con l’obiettivo playoff apparentemente a portata di mano, l’aria non cambia. Lo stadio si sta svuotando, e non solo la curva. È il segnale più chiaro che si possa ricevere: il legame tra la piazza e la proprietà è ai minimi storici. La vittoria di oggi, per quanto utile, non basta a mascherare i problemi. Bari merita di più di questa rosa, di questo andazzo, di questa distanza.
“Le città vivono di passioni più che di pietre”, scriveva Italo Calvino. E Bari, città viscerale, vive (e muore) di calcio. O si rilancia con un progetto vero, oppure si dica con onestà che qui non si vuole fare calcio per vincere. Ma si sappia, una volta per tutte: questa è Bari, non Cittadella.
Massimo Longo