di Domizia Di Crocco
ROMA – Il Colosseo non aveva visto tanto scalpore dai tempi di Nerone: ieri, tra fan sgomitanti e funzionari diplomatici imbellettati come per una recita scolastica, Donald Trump ha fatto il suo trionfale ingresso nella Capitale. «Roma è fantastica, la amo, l’ho costruita io», ha esordito l’ex presidente americano davanti alla stampa, correggendo subito: «O forse era Giulio Cesare, non ricordo bene. Ma di sicuro ci siamo capiti: grandi leader, come me».
Il motivo ufficiale della visita? I dazi. O meglio: spiegare agli italiani – tra un cono gelato e una stretta di mano a statue equestri – che la sospensione dei dazi commerciali con gli Stati Uniti «è improbabile, molto improbabile, anzi già improbabilissima». Un concetto che ha ribadito con la delicatezza di un rinoceronte in una cristalleria di Murano.
In una conferenza stampa surreale in Piazza Venezia (scelta per “assonanza con i fast food”), Trump ha garantito: «America First, ma anche Rome First. Vediamo chi arriva primo e facciamo una gara. Sono il più veloce, credetemi». A fianco a lui, i ministri italiani, con sorrisi più tesi dei gladiatori prima del leone.
A chi gli chiedeva se fosse a conoscenza del calo di crescita italiana previsto dal FMI, Trump ha risposto scuotendo la mano come per scacciare una mosca: «Fake news. L’Italia cresce benissimo, ho visto pizzerie nuove ovunque. E io di crescita me ne intendo, basta guardare i miei hotel… tranne l’ultimo, che è stato un piccolo… problema tecnico.»
La giornata romana si è chiusa con un imprevisto: Trump, scambiando una protesta sindacale per una parata in suo onore, ha improvvisato un discorso dal finestrino della macchina presidenziale, acclamandosi «Imperatore Donaldus Magnus». Gli astanti, armati di fischietti e cartelli, hanno apprezzato a modo loro.
Ora la diplomazia italiana spera che Trump, sulla via del ritorno, non decida di annettere il Vaticano o dichiarare guerra preventiva al Colosseo per “eccesso di ruderi”.
Nel frattempo, la pausa dei dazi resta in bilico: come il cono gelato che Trump ha abilmente rovesciato sulla cravatta tricolore regalatagli dal sindaco. Un piccolo incidente diplomatico… al gusto pistacchio.