“La storia è un’invenzione degli uomini per giustificare le loro illusioni e i loro fallimenti.”
— Emil Cioran

In un clima sempre più incerto per il destino dell’Unione Europea, la Romania torna a sorprendere con una nuova vittoria elettorale delle forze dichiaratamente euroscettiche. La coalizione guidata da figure populiste e conservatrici ha ottenuto un consenso significativo, alimentato da promesse di sovranità nazionale, protezionismo e rigetto dell’ingerenza di Bruxelles. Questo nuovo successo, il secondo consecutivo, certifica un’inversione di rotta nell’opinione pubblica rumena, che un tempo vedeva nell’UE una speranza di progresso e stabilità.

Il recente successo delle forze euroscettiche, come l’AUR (Alleanza per l’Unione dei Romeni), rappresenta un campanello d’allarme per l’intero progetto europeo. Accusano l’UE di imporre regole lontane dai bisogni reali del paese, minare l’identità nazionale e trascurare le disuguaglianze economiche. La Romania, pur essendo uno dei maggiori beneficiari dei fondi europei, ora mostra segnali chiari di disillusione, alimentando una frattura interna che rischia di espandersi anche ad altri Stati membri.

Nel frattempo, a est del continente, l’Ucraina continua a vivere una tragedia senza fine. Il conflitto con la Russia si è trasformato in una guerra di posizione, logorante e senza spiragli di pace. Le iniziative diplomatiche faticano a produrre risultati, mentre il supporto occidentale – pur presente – inizia a scontrarsi con limiti politici, economici e strategici. L’Ucraina resta sospesa in un limbo: troppo vicina all’Europa per essere ignorata, troppo lontana per essere accolta pienamente. Il rischio di una “guerra dimenticata” è concreto, ma le sue conseguenze restano centrali per la sicurezza dell’intero continente.

A peggiorare il quadro, si aggiungono le recenti parole dell’ex presidente statunitense Donald Trump, tornato al centro del dibattito geopolitico:
“Putin e Zelensky si odiano. Non si sopportano. Non ci sarà mai pace tra loro finché entrambi resteranno al potere. È una guerra personale, non solo politica.”
Una dichiarazione che, sebbene provocatoria, riflette il crescente pessimismo sulla possibilità di una soluzione negoziata. L’odio personale, unito agli interessi strategici contrapposti, rende la pace non solo difficile, ma quasi teoricamente irraggiungibile in queste condizioni.

La combinazione tra l’instabilità politica nella Romania anti-UE e la guerra senza fine in Ucraina sottolinea la fragilità di un’Unione Europea che fatica a tenere insieme la propria periferia e a esercitare un’influenza reale oltre i suoi confini. La tenuta dell’Unione passa ora da due fronti cruciali: riconquistare la fiducia dei cittadini, soprattutto nei Paesi dove il populismo cresce, e dimostrare che l’Europa non è solo un progetto economico, ma una comunità di destino capace di difendere i suoi valori anche di fronte alle sfide più dure.

Conclusione:
Se l’Unione Europea vuole sopravvivere a questa fase critica, dovrà abbandonare l’autocompiacimento e affrontare con coraggio le sue contraddizioni interne ed esterne. Non si tratta solo di salvare la credibilità di Bruxelles, ma di ridare senso e concretezza a un sogno europeo che oggi, per molti, sembra sempre più distante. Senza una nuova visione inclusiva e strategica, rischia di prevalere la disgregazione sulle promesse di unità.

Carlo Di Stanislao
cantemir.ro/

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