Roma, 6
Nella foto Alexia Pacella, la compagna di Albano Bruno Bellinato
Maggio 2025— In un’Italia sempre più distante dai principi costituzionali di umanità e dignità, continuano a moltiplicarsi i casi di detenuti gravemente malati ai quali viene negato il diritto a cure adeguate, in aperta violazione dell’art. 32 della Costituzione e delle norme dell’ordinamento penitenziario. Questo è il caso di Albano Bruno Bellinato ristretto ad oggi nel Carcere di Rebibbia.Il 16 Maggio viene richiesta la possibilità’ di un differimento pena , per le condizioni gravi di salute come si evince dal diario clinico fatto dal Prof. Alibrandi che era all’interno della C. Circondariale di Velletri dove era ristretto il Bellinato . il Magistrato rigetta il 17 la richiesta per differimento pena in via provvisoria, a circa 18 mesi al fine pena!Da lì in poi il Bellinato entra ed esce nei vari ospedali, Velletri , NOC , Ospedale di Civitavecchia l’ultimo e’ stato per sei mesi presso la struttura ospedaliera Belcolle di Viterbo, dopo aver presentato una istanza a Maggio 2024 per motivi di salute. Finalmente viene fissata a Dicembre dello stesso anno . La camera di consiglio che doveva esser fatta per motivi di salute , ma non visionando la documentazione portata alla sua attenzione, rinvia quest’ultima
al 28 febbraio del 2025 . La premessa è che il Bellinato si trovava presso la struttura di medicina protetta Belcolle di Viterbo quando è stata fatta la Camera di consiglio per differimento pena. Durante l’udienza il relatore evidenziava al posto dell’avvocato come il Bellinato dal 2008 non commetteva più reati. Che si trovava ai domiciliari per la legge n. 199 ed è rientrato solo ed esclusivamente per una conferma di tre anni in cassazione di un reato del 2006 .sempre quest’ultimo sottolineava al Presidente del tribunale di quel giorno e al Procuratore Generale che il Bellinato stava in ospedale per motivi di salute e che non l’avrebbe mandato presso un centro clinico che si trovava entro le mura del penitenziario ma bensì sarebbe dovuto avvalersi del servizio nazionale sanitario per far le visite specifiche per le sue patologie.Da come esponeva i fatti tutto faceva pensare ad un accoglimento ai domiciliari . Non solo la camera di consiglio non ha dato esito positivo, ma il Magistrato si è preso trentatré giorni prima di comunicare il rigetto.Le motivazioni consta di due punti focali. *Il primo
Ritenuto che la richiesta non puo’ essere accolta per i motivi che lui stesso scrive nel rigetto che la sua condizione di salute non è grave, e non in pericolo di vita ergo
la gestione delle condizioni di salute del Bellinato possano essere assicurate in ambito penitenziario. Nel rigetto il Magistrato evidenzia il Bellinato debba stare in un centro clinico , ma ad oggi il Bellinato si trova in infermeria presso la C.C di Rebibbia.Dieci giorni fa il Bellinato viene prelevato dall’istituto penitenziario e trasportato tramite ambulanza al pronto soccorso del Sandro Pertini in codice rosso, da lì a poco viene ricoverato per un deficit respiratorio. Durante la permanenza in ospedale vengono fatti gli accertamenti, dove si evince un severo deficit ventilatorio di tipo ostruttivo con diffusione alveolo-capillare ai limiti inferiori alla norma. segue ancora deficit sensibilità tattile e dolorifica a carico dell’arto superiore sinistro ed altresi al torace MV aspro, ecocardiogramma color Doppler ventriloco sinistro ai limiti superiori della norma e sclerosi dell’anulus aortico. Ecografia tiroidea evidenzia noduli di dimensioni aumentate . Lobo destro 31,4 mm , il lobo sinistro 25,4 mm. Durante il semestre di degenza presso la struttura ospedaliera Belcolle di Viterbo non stati eseguiti accertamenti mirati sulla sua persona come si evince successivamente dalla cartella clinica del Sandro Pertini. nonostante l’esistenza di copiosa documentazione medica e giurisprudenza a sostegno, troppo spesso si ostinano a rigettare le istanze di differimento pena o di detenzione domiciliare, causando conseguenze drammatiche, se non addirittura mortali. Soprattutto perché il Bellinato si trova sotto l’anno dal fine pena . Si precisa quanto segue nel rigetto si evince che il Bellinato durante l’affidamento al lavoro in art. 21 abbia trasgredito il beneficio. Questa dichiarazione risulta falsa in quanto il Bellinato non solo non ha trasgredito durante l’affidamento al lavoro, come risulta nella documentazione dell’indagine fatta e (documentazione portata all’attenzione ) nel 2019, chiusa nel 2020 dove il Bellinato non aveva nessun carico pendente presso il Tribunale di Roma tanto è vero che i telefoni che venivano sequestrati durante l’indagine sono stati riconsegnati al Bellinato. Si chiede giustizia per un uomo che ha pagato e sta pagando ad oltranza la sua pena avendo violato tutti i diritti della persona ma soprattutto i diritti UMani
-Emblematico quindi il caso di Bellinato Albano Bruno, assistito dall’avvocato Guendalina Chiesi con il supportodell’associazione Quei Bravi Ragazzi Family Onlus di cui è vicepresidente. ‘’Il mio assistito, Bellinato Albano Bruno versa in condizioni di salute estremamente gravi, ampiamente documentate. Nonostante ciò, la magistratura di sorveglianza ha dimostrato ancora una volta un’inaccettabile insensibilità istituzionale verso il diritto fondamentale alla salute.

Nella foto, l’avvocato difensore Guendalina Chiesi
È l’ennesimo caso in cui la giustizia penale ignora l’evidenza clinica.
Di recente ho presentato una denuncia per il dramma di un altro detenuto, Carmine Tolomelli, scarcerato solo poche ore prima della morte, quando il differimento – tardivamente concesso – non ha potuto evitare l’irreparabile. Non possiamo accettare che la vicenda di Bellinato segua lo stesso esito.
Abbiamo già proposto il ricorso per Cassazione, che ha superato il vaglio di ammissibilità , e una nuova istanza, supportata dall’ulteriore aggravamento delle condizioni di salute.
La magistratura ha dovere di proteggere il diritto alla vita e alla salute, non rinunciando a interpretare l’umanità della pena come principio irrinunciabile dello Stato di diritto. ‘Un uomo con un quadro clinico gravissimo -dichiara l’avvocato Guendalina Chiesi- certificato da consulenze medico-legali di parte e relazioni sanitarie ufficiali: ipertensione, fibrodisplasia ossificante progressiva, dispnee, apnee notturne e alterazioni pressorie che pongono a serio rischio la sua stessa sopravvivenza. Un detenuto che ha trascorso sei mesi di ricovero in ospedale, dal 29 ottobre 2024 al 10 aprile 2025 presso l’Ospedale Belcolle di Viterbo, per poi essere trasferito in un centro clinico penitenziario — segnale evidente della incompatibilità con il regime carcerario intramurale.
Eppure, nonostante ciò, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha rigettato l’istanza, sostenendo l’assenza di condizioni di salute che giustificherebbero una misura alternativa alla detenzione. Una decisione che grida giustizia alla luce non solo della condizione clinica, ma anche dell’assoluta assenza di pericolosità sociale del detenuto. Bellinato sta scontando una condanna per un fatto risalente al 2006, relativo ad un reato non ostativo (ricettazione, art. 648 c.p.) con un residuo pena inferiore a un anno. Peraltro, l’uomo aveva già beneficiato della detenzione domiciliare ai sensi della legge 199/2010, interrotta solo per il sopraggiungere di un nuovo definitivo per un fatto commesso quasi vent’anni fa. Nessuna urgenza sociale che giustifichi una carcerazione, tanto più alla luce del suo stato di salute.
Il rigetto ha avuto anche pesanti ripercussioni familiari: la sua compagna, Alexia Pacella, è svenuta per lo stress subito dopo aver ricevuto la notizia. Il ricorso per Cassazione è stato tempestivamente proposto dall’avv. Chiesi, nella speranza che finalmente la giustizia riconosca ciò che la medicina ha già dichiarato in modo inequivocabile.
Purtroppo, il caso di Bellinato non è isolato. Numerose sono le morti per malasanità in carcere, spesso denunciate anche dalla associazione Quei Bravi Ragazzi Family. È il frutto di una giustizia che compie un bilanciamento errato tra esigenze punitive e diritto alla salute, dimenticando che l’articolo 32 della Costituzione tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e che la detenzione non può trasformarsi in una pena di morte indiretta.
A sostegno delle denunce presentate dalla associazione Quei Bravi Ragazzi family arriva anche la recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel caso Giuseppe Morabito (U Tiradrittu) c. Italia, con cui l’Italia è stata condannata per non aver garantito cure adeguate e per non aver concesso misure alternative nonostante l’incompatibilità del detenuto con il regime carcerario. La CEDU ha richiamato l’Italia a rispettare gli standard minimi previsti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, e in particolare l’art. 3, che vieta trattamenti inumani e degradanti.
Anche la Corte di Cassazione, con diverse pronunce (Cass. Pen., Sez. I, n. 13438/2021; Cass. Pen., Sez. I, n. 12191/2023), ha sottolineato che il giudice di sorveglianza non può ignorare relazioni mediche dettagliate e deve motivare adeguatamente ogni rigetto, dando prevalenza alla tutela della salute e della dignità umana. In troppe occasioni, invece, si assiste ad una sistematica sottovalutazione delle condizioni sanitarie del detenuto, quasi come se la malattia fosse un aggravante e non un presupposto per una tutela maggiore.
L’auspicio è che il caso di Bellinato Albano Bruno non diventi l’ennesima tragedia annunciata. Che finalmente la giurisprudenza si adegui non solo alla legge, ma anche al senso di umanità e giustizia sostanziale. E che venga rispettato l’ordinamento penitenziario che consente — anzi, impone — al giudice di sorveglianza di concedere il differimento della pena o la detenzione domiciliare quando sussistono gravi problemi di salute, anche in assenza di patologie terminali.
Chiediamo che l’Italia applichi coerentemente le sentenze della Corte Europea, rispetti la propria Costituzione e dia finalmente voce e dignità a chi, pur detenuto, resta prima di tutto una persona. Bellinato ha diritto a curarsi. Ha diritto a vivere. Ha diritto a essere trattato con umanità. E la giustizia ha il dovere di garantire tutto questo.