Conclave 2025: l’attesa potrebbe durare poco o prolungarsi per piú giorni, l’importante che sia una scelta fatta per il bene di tutta la comunitá cristiana.

Oggi, 7 maggio 2025, alle 16:15, si chiudono le porte della Cappella Sistina. Si apre il conclave. Un momento che non è solo rituale, ma umano, profondo, carico di attese e tensioni. Non si tratta solo di eleggere un nuovo Papa. Si tratta di scegliere una direzione, un volto, una voce che parlerà al mondo intero a nome della Chiesa cattolica.

In quel silenzio antico, custodito tra gli affreschi di Michelangelo, ci sono 133 cardinali. Uomini provenienti da ogni parte del mondo. Portano con sé storie, lingue, ferite e speranze. Ma oggi hanno un solo compito: trovare insieme, nella preghiera e nel confronto, chi sarà il successore di Pietro.

Chi sono i protagonisti?

L’Italia è ancora molto presente, con 21 cardinali elettori. Non è un caso: la storia del papato e quella del nostro Paese sono intrecciate da sempre. Ma oggi non è più un conclave europeo. Ci sono cardinali da Asia, Africa, America Latina. È il mondo intero che si siede a quel tavolo.

Tra i nomi più citati in queste ore ci sono figure molto diverse tra loro. Il Cardinale Pietro Parolin, italiano, Segretario di Stato, è considerato un uomo di equilibrio e di diplomazia. Sa come funziona la macchina vaticana, ma forse per questo qualcuno lo vede come simbolo di continuità più che di rinnovamento.

C’è poi il Cardinale Luis Antonio Tagle, delle Filippine. Un volto sorridente, empatico, con una fede che si respira nelle sue parole. Potrebbe essere il primo Papa asiatico. Un segnale fortissimo.

Un altro italiano, il Cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna, è molto amato anche fuori dall’Italia. Ha un passato legato alla Comunità di Sant’Egidio, ha dialogato con Putin, ha parlato di pace quando altri tacevano.

E poi c’è il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme. Il suo nome è emerso con forza dopo un gesto che ha commosso molti: ha offerto la sua vita in cambio di ostaggi israeliani. Coraggio vero, concreto. Come quello che serve oggi.

Infine, il Cardinale Peter Turkson, ghanese. Ha parlato chiaro su povertà, ambiente, ingiustizie. La sua elezione sarebbe un segno potente di apertura e cambiamento.

Perché tutto questo conta?

Perché la Chiesa non è solo una struttura religiosa. È una presenza viva, che parla, che può scegliere di restare ferma o di mettersi in cammino. E il Papa, che piaccia o no, ha un’influenza enorme. Sulle coscienze. Sui poveri. Sulla pace. Sul clima.

Il nuovo Pontefice dovrà affrontare un mondo che cambia in fretta, spesso senza direzione. Dovrà parlare a chi ha perso la fede. A chi è arrabbiato. A chi non crede più che le parole del Vangelo possano avere senso nel presente. È una sfida immensa.

La luce dorata del tramonto avvolge la Basilica di San Pietro, mentre il mondo attende con speranza l’elezione del nuovo Papa.

Un legame millenario con l’Italia

L’Italia e il papato. Un legame storico, talvolta controverso, spesso profondo. Dal Medioevo, con papi potenti e temuti, al Rinascimento, con papi mecenati e politici, fino ai Patti Lateranensi del 1929, che sancirono la nascita dello Stato della Città del Vaticano. Roma è il centro, lo resta. Ma oggi la Chiesa guarda ben oltre i confini italiani.

Eppure, qualcosa di quella storia millenaria si respira ancora nei corridoi del Vaticano, tra le pietre consumate di San Pietro, tra i volti di chi entra in conclave sapendo che potrebbe non uscirne come uomo qualsiasi.

Cosa succede adesso?

Nel conclave non si vota per simpatia o strategia. Si discerne. Si ascolta. Si cerca un nome che non sia solo capace, ma che sembri chiamato. E quando due terzi dei cardinali concordano, allora quel nome diventa Papa.

La fumata bianca sarà il segnale. Ma non sarà un punto d’arrivo. Sarà solo l’inizio.

Perché dietro quel “Habemus Papam” ci sarà un uomo che dovrà parlare a miliardi di persone. Dovrà scegliere, ogni giorno, da che parte stare. Dovrà sapere tacere, ascoltare, correggere, abbracciare, ma anche denunciare.

Una Chiesa in bilico

Oggi la Chiesa è chiamata a una scelta netta: continuare a escludere o finalmente includere. Rimanere forte con i deboli o debole con i forti. Accettare la crisi o lasciarsi trasformare da essa.

Chi verrà eletto non sarà solo un capo spirituale. Sarà il volto di una possibilità. La possibilità che la fede possa ancora parlare al cuore degli uomini, senza paura, senza potere, senza maschere.

Oggi si apre una porta che conduce nel mistero. E anche se non siamo lì dentro, siamo tutti, in qualche modo, parte di questo momento. Con le nostre domande, le nostre speranze, i nostri silenzi.

Aspettiamo insieme. Che arrivi la fumata bianca. E con essa, magari, un soffio nuovo.

 

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