Alle 5 del mattino lui si sveglia. Tu forse sei ancora a scrollare TikTok con gli occhi chiusi. Lui invece lavora fino alle 23, ogni santo giorno. Il suo nome è Zafar Iqbal, ha 61 anni, è pakistano, ed è quello che molti italiani definirebbero “uno che si è fatto da solo”. Peccato che, appena sentono l’accento straniero, dimentichino il rispetto e tirino fuori la puzza sotto al naso.

Zafar ha avuto un’idea semplice e geniale: vendere prodotti tipici etnici agli immigrati in Italia. Oggi gestisce quattro negozi tra Bari e Brindisi, chiude il bilancio 2024 con 8 milioni di euro di fatturato, e ha una squadra di dipendenti. Tutti stranieri. Regolarmente assunti, eh. Ma niente, per molti italiani resta “l’immigrato che fa i soldi”.

Quando gli chiedono perché non assume italiani, lui risponde sereno: «Non si fidano. Ancora oggi in pochi accettano di lavorare alle dipendenze di un immigrato». Non si fidano. Di che, esattamente? Di uno che crea lavoro, paga le tasse, e alza le saracinesche mentre altri si lamentano su Facebook?

Facciamo un reality show su Zafar, invece di sprecare ore dietro influencer vuoti come palloncini. Lui sì che è “motivation”, altro che “rise and grind” sbandierato da chi alle 11 ha già bisogno del terzo caffè. Zafar lavora più di molti italiani messi insieme e ha capito un segreto che qui fingiamo di ignorare: chi si adatta e lavora sodo, vince. Anche se ha la pelle scura e l’accento esotico.

Il punto non è solo economico. È culturale. Quanto ci dà fastidio vedere un immigrato che ce la fa, che diventa datore di lavoro, che dà ordini — in italiano corretto, per giunta? Quanto ci infastidisce che la sua storia metta a nudo la nostra ipocrisia?

C’è una verità che non piace: l’Italia che funziona spesso passa dalle mani di chi, secondo il pregiudizio, doveva solo raccogliere pomodori. E invece apre imprese. Assume. Innova. Mentre molti “autoctoni” aspettano il reddito di cittadinanza bis o il lavoro da casa con pausa sigaretta ogni dieci minuti.

Zafar Iqbal non è un’eccezione: è uno specchio. E in quello specchio l’Italia dovrebbe guardarsi, anche se l’immagine riflessa fa paura.

Domanda finale per chi ha il coraggio di rispondere:
Davvero il problema è “lo straniero che ruba il lavoro”… o l’italiano che ha paura di essere superato?

 

Vera Tagliente

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