La cronaca odierna ci ha purtroppo assuefatti alla triste realtà dei reati commessi da giovanissimi.

Un’analisi del fenomeno rivela che molti di questi ragazzi provengono da contesti familiari e sociali problematici, caratterizzati dalla presenza di modelli negativi. A ciò si aggiunge l’influenza perniciosa dei social media, dove viene spesso promossa una visione idealizzata della criminalità.

In questi ambienti, figure che ostentano ricchezza illecita, armi e uno stile di vita sfarzoso vengono idolatrate, alimentando l’illusione che tali traguardi siano facilmente raggiungibili attraverso l’emulazione.

Un fattore di non trascurabile importanza è la sempre più precoce esposizione dei minori a dispositivi mobili e internet. L’accesso a contenuti inappropriati fin dalla tenera età contribuisce a plasmare un immaginario distorto nella loro mente.

I dati del Ministero dell’Interno (2024) evidenziano una lieve flessione dei reati giovanili nel 2023 (31.173) rispetto all’anno precedente (32.522), inoltre viene rimarcato come questo fenomeno rimane concentrato principalmente nei grandi centri urbani, che si confermano terreno fertile per la proliferazione delle baby gang.

Le attività di queste bande sono prevalentemente orientate verso atti di vandalismo, bullismo e piccoli furti, spesso perpetrati ai danni di coetanei.

Un aspetto che merita particolare attenzione è la percentuale di coinvolgimento di giovani di origine straniera, sia di prima che di seconda generazione. Le statistiche indicano che oltre il 50% dei reati è commesso da ragazzi stranieri che, pur includendo le seconde generazioni, rappresentano meno del 10% della popolazione giovanile italiana.

Tale dato solleva interrogativi complessi: difficoltà di integrazione per i nuovi arrivati? Quali fattori attenuanti è opportuno considerare per i figli di immigrati e, in generale, di questi luoghi disagiati?

È fondamentale sottolineare che non tutti i giovani che si approcciano a questo mondo criminale provengono da contesti con precedenti penali. Al contrario, molte famiglie, nonostante le difficoltà economiche o di altra natura, si impegnano quotidianamente per garantire un futuro migliore ai propri figli e credo sia immorale vanificare il loro impegno a causa dell’adesione a modelli devianti, veicolati da video online o influenzati dal contesto territoriale di appartenenza.

La società non può tollerare che i giovani diventino una piaga sociale fin dall’adolescenza. È pertanto necessario adottare misure efficaci per contrastare questo fenomeno, che non è circoscritto al territorio italiano. Tuttavia, l’individuazione di soluzioni non è semplice.

Pur non disponendo di risposte immediate, è indubbio che la responsabilizzazione dell’intera comunità rappresenti un punto di partenza imprescindibile. Ciò implica un rafforzamento della tutela negli istituti scolastici, una maggiore attenzione da parte delle  famiglie e dei singoli cittadini, un impegno collettivo nel promuovere modelli positivi e valori sani, in antitesi agli esempi negativi oggi prevalenti.

Si tratta di una sfida ardua, ma che richiede il contributo attivo di tutti i membri della società, anche attraverso piccoli gesti.

Nicolò Giuseppe Romano

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