Restrizione calorica, digiuno a giorni alterni e digiuno intermittente, promettono una lunga vita ma per ora l’unica certezza è il buon senso.

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Sono stati condotti quattro studi sulla restrizione calorica e la durata della vita nei primati non umani. Il primo, pubblicato nel 2003, analizzava la mortalità di 117 macachi rhesus seguiti per circa 25 anni in laboratorio, otto dei quali avevano ricevuto una dieta ristretta.

La sopravvivenza media delle scimmie sottoposte a restrizione era di 32 anni, rispetto ai 25 anni delle scimmie di controllo. Tuttavia, si trattava più di uno studio osservazionale, poiché le scimmie non erano state assegnate in modo casuale e  la differenza nella mortalità non ha raggiunto la significatività statistica, il che significa che potrebbe essere stato un caso fortuito.

In Spagna nel 1956 ispirati dai dati pubblicati sull’allungamento della vita con restrizione calorica nei topi da laboratorio, i ricercatori hanno diviso 120 ospiti di una casa di riposo di Madrid in due gruppi con sessanta ospiti che hanno continuato a seguire la loro dieta regolare, mentre gli altri sessanta sono stati sottoposti a un digiuno modificato a giorni alterni. Nel corso dello studio, 13 decessi sono avvenuti nel gruppo di controllo, rispetto ai soli 6 del gruppo sottoposto a digiuno intermittente. I

dati sulla mortalità non sono risultati significativi mentre lo sono stati quelli sulla percentuale dei ricoveri ospedalieri, una prova che la restrizione calorica può migliorare lo stato di salute ma senza certezze sulla durata della vita.

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Uno studio con dati relativi a 25 anni, pubblicato su JAMA dai ricercatori del Brigham and Women’s Hospital di Boston, mostra una riduzione di un quarto circa della mortalità per tutte le cause in chi la segue. In esso il campione era costituito dalle donne che hanno preso parte al grande studio Women’s Health Initiative, lanciato nel 1993, inizialmente progettato per verificare gli effetti di un basso dosaggio di aspirina e della vitamina E sul rischio oncologico e cardiovascolare.

Buoni risultati in un una popolazione ben istruita e motivata, mentre gli americani hanno un’aspettativa di vita inferiore rispetto ai residenti di quasi tutti gli altri paesi ad alto reddito. Gli epidemiologi americani, dall’analisi di numerosi studi hanno riscontrato quattro fattori con effetto positivo sulla Longevità: non fumare mai, non essere obesi, fare in media circa mezz’ora di esercizio fisico al giorno e aderire a principi alimentari sani, come molta frutta, verdura e cereali integrali, e meno carne.

In conclusione il buon senso potrebbe ridurre sostanzialmente la mortalità prematura e prolungare l’aspettativa di vita in quella parte di mondo ricco e super alimentato.

Umberto Palazzo

Editorialista de IlCorriereNazionale.net

 

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