Necessaria la riforma verso un sistema più trasparente e rappresentativo per ridare potere agli elettori

Il tema della legge elettorale è tornato con forza al centro del dibattito politico, complice la proposta di riforma costituzionale per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio e l’approssimarsi delle elezioni europee del 2029. Nelle ultime settimane, posizioni diverse ma convergenti su alcuni punti cruciali stanno emergendo sia nella maggioranza sia nell’opposizione, riaccendendo l’attenzione su uno degli snodi strutturali della rappresentanza democratica.

 

Il quadro attuale: il Rosatellum

In vigore dal 2017, l’attuale legge elettorale per Camera e Senato, nota come Rosatellum, prevede un sistema misto: un terzo dei seggi è attribuito con metodo maggioritario uninominale, mentre i restanti due terzi vengono assegnati con metodo proporzionale attraverso liste bloccate. È proprio questa seconda componente a rappresentare oggi uno dei punti più contestati, insieme alla possibilità delle candidature multiple, cioè la possibilità per un singolo candidato di presentarsi in più collegi contemporaneamente (fino a un massimo di cinque).

 

Liste bloccate: un meccanismo controverso

Il sistema delle liste bloccate impedisce all’elettore di esprimere preferenze sui candidati, lasciando ai vertici dei partiti la facoltà di stabilire l’ordine degli eletti. In pratica, sono i segretari a decidere in anticipo chi entrerà in Parlamento, collocando i candidati “garantiti” nelle prime posizioni della lista.

Questo meccanismo è stato oggetto di critiche fin dalla sua introduzione. Già nel 2014, la Corte Costituzionale (con la sentenza n. 1) aveva dichiarato l’incostituzionalità del Porcellum proprio per l’assenza di strumenti che garantissero agli elettori una scelta effettiva degli eletti.

 

Preferenze, primarie e partecipazione

In alternativa alle liste bloccate, si torna a discutere dell’introduzione del voto di preferenza, che consentirebbe all’elettore di indicare uno o più nomi all’interno della lista scelta. Questo sistema è stato utilizzato nelle elezioni europee e in alcune consultazioni locali, dove ha contribuito a rafforzare il rapporto diretto tra cittadini ed eletti. Tuttavia, secondo alcuni osservatori, le preferenze potrebbero generare competizioni interne costose, forme di clientelismo e rischi di voto di scambio.

Un altro strumento, oggi poco utilizzato, è quello delle primarie interne ai partiti. In teoria, esse garantirebbero una forma di partecipazione democratica e una selezione della classe dirigente, in pratica sono adottate in modo sporadico e disomogeneo. L’assenza di una normativa vincolante ne limita l’efficacia e la diffusione su scala nazionale.

 

Il nodo delle candidature multiple

Oltre al tema delle liste bloccate, un’altra criticità del sistema attuale è rappresentata dalla possibilità per un candidato di presentarsi in più collegi contemporaneamente. Con la recente riduzione del numero dei parlamentari (da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato), questa pratica acquista un peso ancora maggiore. Il rischio è quello di alimentare distorsioni nel principio del “una persona, un voto” (ogni cittadino deve avere lo stesso peso elettorale) e di spezzare il rapporto diretto tra elettore ed eletto. La cosiddetta “blindatura” in più collegi consente alle segreterie dei partiti di assicurare l’elezione a candidati designati, anche in assenza di un effettivo radicamento territoriale o di una legittimazione popolare diretta.

La Premier Giorgia Meloni apre al ritorno delle preferenze (ph FDL)

Astensionismo e crisi di rappresentanza

Il frutto di questa confusione è il crescente astensionismo, che ha superato il 35-40% in molte elezioni. L’assenza di un rapporto diretto tra elettori ed eletti, la difficoltà di comprendere a chi andrà il proprio voto e la percezione che le candidature siano decise “dall’alto” riflettono una profonda crisi di fiducia nel sistema politico.

In un recente dibattito al Senato, il senatore Matteo Renzi ha interpellato la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni proprio sul tema delle preferenze. La Premier ha dichiarato di essere favorevole alla loro reintroduzione, una posizione condivisa dallo stesso Renzi. Si tratta di una convergenza inusuale, che potrebbe aprire la strada a una riforma comune almeno su alcuni punti.

 

La posizione di Pensiero Popolare Italiano

Pensiero Popolare Italiano ha espresso una chiara posizione a favore di una riforma che intervenga su due elementi chiave: l’eliminazione delle liste bloccate e la fine delle candidature multiple. Tali modifiche, secondo il movimento, rappresenterebbero un primo passo concreto per restituire agli elettori un reale potere di scelta, rafforzare la rappresentanza democratica e contrastare l’avanzata di modelli di leadership personalistici e poco trasparenti.

Fabio Desideri, segretario nazionale PPI, “Liste bloccate e multicandidature vanno superate” (ph PPI)

“Le proposte avanzate – spiega Fabio Desideri, segretario nazionale del movimento – mirano a recuperare lo spirito dell’articolo 1 della Costituzione, che fonda la Repubblica sulla sovranità popolare, e a rendere coerente il sistema elettorale con le indicazioni della Corte Costituzionale, la quale ha più volte sottolineato la necessità che il cittadino possa esprimere una scelta effettiva anche all’interno delle liste, non solo tra i partiti”.

Prospettive e riforme in corso

La riforma costituzionale che introduce il premierato, attualmente all’esame del Parlamento, aggiunge un ulteriore livello di complessità. Un eventuale sistema elettorale coerente con l’elezione diretta del Capo del Governo dovrebbe prevedere un secondo turno, simile a quello utilizzato nei comuni. Ciò comporterebbe una ristrutturazione profonda dell’intero impianto elettorale.

Siamo quindi in una fase in cui la discussione è ancora aperta e frammentata, ma con segnali di attenzione trasversale che potrebbero portare, almeno su alcuni aspetti, a una convergenza. I nodi strutturali da sciogliere restano chiari: garantire la libertà di scelta dell’elettore, rafforzare il legame tra cittadini e istituzioni e restituire al Parlamento una funzione di rappresentanza effettiva. La strada per una riforma condivisa è ancora lunga, ma le premesse per un confronto serio sembrano finalmente essersi rimesse in moto.

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