Per chi è solito leggermi, avrà notato che non scrivo da un po’.
Ho deliberatamente scelto di farlo, data l’innumerevole quantità di accadimenti importanti che avevo il piacere di vivere, assimilare e lasciar sedimentare.
Si sono susseguiti, infatti, in un brevissimo lasso di tempo, la morte di Papa Francesco e i suoi funerali, il 25 Aprile, il 1° Maggio e l’elezione del nuovo Papa Leone XIV, eventi che hanno generato in tutti grandi emozioni e riflessioni ma anche, a mio avviso, tanta pornografia dell’informazione.
Ho preferito il silenzio, questo ormai sconosciuto amico di pochi.
Sono persuasa, infatti, che non sempre nella vita la scelta migliore ricada sulla politica del “fare”, a volte ciò che conviene davvero è “stare” in quel che accade, “stare” nelle proprie emozioni, nei propri pensieri per riordinarli, per ossigenarli.
Questo mi ha permesso di vedere le cose in modo più chiaro, per capire o percepire le connessioni tra i singoli eventi e creare ricordi.
Creare il ricordo di un lunedì in Albis soleggiato in cui mi son sentita, parlando con modestia, una nuova Maria Maddalena del mio focolare domestico nel momento in cui, appresa la notizia della nascita al cielo di Papa Francesco, ho avuto il compito di annunciarlo a mio marito. Quel nostro sguardo commosso non lo scorderò mai. Chi legge badi bene che la scelta del verbo scordare e del sostantivo ricordo non sono casuali, la loro radice ci indica come il cuore sia sempre il centro di ogni cosa.
Creare il ricordo del nostro Presidente della Repubblica che saluta e si intrattiene con l’ultimo baluardo di uomini e donne che hanno avuto il coraggio di liberare una città come Genova nonché la Nazione tutta, mettendo a repentaglio la loro stessa vita per un ideale, la libertà, che tutti noi oggi abbiamo ricevuto in eredità e per questo abbiamo anche l’onore e l’onere di difendere.
Creare il ricordo di quella Papa-mobile che, attraversando Roma per l’ultimo viaggio di un grande uomo e guida come Papa Francesco, attraversava il cuore di tutti donando la speranza, in maniera indistinta a credenti e non credenti di tutto il mondo, che la gioia e la vita non hanno fine, e che, coloro i quali ci hanno lasciato, continuano in realtà a camminare per le nostre strade, sta a noi riconoscerli, farli continuare a vivere e donare loro le nostre “rose bianche”, in segno di gratitudine.
Creare il ricordo di lavoratori e lavoratrici che, nonostante tutte le difficoltà e fatiche, amano il loro impiego e lo svolgono come una vocazione, anche e soprattutto nel giorno che è dedicato al lavoro, perché per mezzo di quest’ultimo loro stessi sono stati nobilitati. Per questi lavoratori il 1° maggio è tutti i giorni, da quando quel lavoro ha restituito loro dignità, fuori da ogni strumentalizzazione di questa festa.
Creare il ricordo di una gioia inspiegabile nel momento in cui mio marito, ricambiandomi il favore, mi ha annunciato la fine della vedovanza della Chiesa che aveva finalmente una nuova guida. Tornavo da lavoro, guardavo tutti correre indaffarati e pieni delle loro preoccupazioni per le strade di Milano e, contemporaneamente, avevo l’occhio su una piazza San Pietro esultante, gremita, felice e commossa. Io stessa ho portato la notizia a chi mi era accanto e così, chi l’ha ricevuta da me, l’ha comunicata.
Ecco proprio in quel momento, dall’ unione di tutti questi ricordi, è nata in me una consapevolezza: la notizia ha bisogno di un soggetto che la apprende e la interpreta, di un agente e di un mezzo che la trasmette e di un termine, di una persona che la riceve.
Ognuno di noi può essere soggetto, agente e termine della notizia pur rimanendo essa oggettivamente sempre la stessa. Si soggettivizza, però, in base al bagaglio di ricordi che ognuno si è costruito e dal silenzio in cui quella notizia viene accolta.
Bastano poche parole, informazioni concise e precise, che da quel momento non sono più soltanto tue ma di tutti ed il modo in cui le comunichiamo è di fondamentale importanza.
Proprio per questo prendo in prestito le parole che, come convinzione, risuonano da sempre nella mia mente e che han preso forma chiara grazie a Papa Leone XIV:
Siate operatori di pace. Disarmiamo le parole e disarmeremo la Terra.
Facciamo dunque poco proselitismo e parliamo con cognizione di causa; non parliamo mai per ferire ma sempre e solo per seminare pace e armonia. Diamo e riceviamo la notizia senza farne pornografia, senza sminuzzarla nei minimi particolari e senza strumentalizzarla per fare ascolti. Lasciamo che essa venga accolta, elaborata, che metta radici e porti frutto. Evitiamo di creare un’alluvione di informazioni di fronte al quale chiunque tenderà inevitabilmente ad impermeabilizzarsi, rischiando di perdere così il dono della meraviglia davanti alla novità.
Scegliamo la sorpresa del cuore.
Scegliamo il silenzio dell’accoglienza.
Non scegliamo di fare notizia, piuttosto, scegliamo di creare ricordi.