Sulla scena del teatro Tarentum di Taranto, ieri sera, Pensavo fosse un ladro, una commedia esilarante che fa riflettere

Un intreccio amoroso, a dir poco, rocambolesco, la situazione paradossale di un ladro e, sullo sfondo, l’ipocrisia di una società borghese. Questo e altro in una commedia portata in scena ieri sera, al teatro Tarentum di Taranto dalla compagnia Capitolo Primo. Una commedia, Pensavo fosse un ladro, che ha riscosso il consenso del pubblico e che, indubbiamente, avrà un futuro.

Tra risate e riflessioni

Potremmo dire che il protagonista assoluto della commedia è un ladro, interpretato magistralmente ieri sera da un sorprendente Nando Lo Pio, ma in realtà l’azione introduttiva è solo lo spunto per una serie di riflessioni di carattere sociale che trovano espressione in una rappresentazione apparentemente paradossale.

La rappresentazione di una  realtà che mette a nudo una serie di ruoli sociali ancorati a valori etici decisamente confutabili,. Perché niente è come sembra e l’apparire non è l’essere.

La mogle del ladro telefona al marito
La trama

La scena infatti si apre nella penombra di una ricca abitazione in cui penetra un ladro, che viene interrotto,  nell’esercizio della sua attività, dalla telefonata della moglie, Angela Battista. E qui ha inizio il paradosso!

Risulta subito evidente anche allo spettatore più superficiale come l’attività di ladro sia un vero e proprio lavoro per una determinata fascia sociale, costretta a vivere ai margini.

Il ladro, tra le manifestazioni di ossessiva gelosia della moglie, è costretto ad interrompere la sua attività a causa del sopraggiungere del padrone di casa, rispettabile assessore, in compagnia della sua amante, anche lei rispettabilissima esponente della borghesia locale.

Ha inizio quindi la farsa, specchio grottesco di una categoria sociale che vive di apparenza e d’ipocrisia.  I due amanti, resi ieri superbamente da Angelo De Giorgio e dalla frizzante Tiziana Sibilla ( peraltro responsabile del coordinamento della rappresentazione), danno vita ad un preludio amoroso intriso di false virtù cui assiste,  dapprima passivamente, il ladro.

Questi, però, in un secondo momento, rivela la sua presenza e ha inizio la fase più comica, ma anche complessa della situazione. Nei due amanti prevale l’ansia di essere scoperti e, quindi, emarginati dal loro mondo dorato e meditano di uccidere il ladro perché testimone della tresca.

Ma l’arrivo della  fedifraga moglie dell’assessore, Maria Rizzo sulla scena, interrompe l’azione.

Seguirà una serie di situazioni che riveleranno, in un grande dinamismo scenico, la vacuità dei personaggi, ancorati ad una società borghese che non ha nulla da dare, se non ipocrisia.

L’epilogo, il significato

L’entrata in scena di Antonio ( Salvatore Cozzino) segnerà l’epilogo di una situazione drammaticamente comica. I quattro infatti si troveranno sulla scena legati da un duplice ruolo: quello di coniugi traditi e di amanti infedeli. Tutto sotto lo sguardo divertito del ladro e con la presenza della gelosa moglie di costui.

Risulta pertanto  evidente come il ladro, inizialmente visto come un fuorilegge, nel prosieguo dell’azione e dei dialoghi diviene invece la vittima di una società borghese, ricca ed amorale, che vive alle spalle dei ceti meno abbienti, spesso costretti all’illegalità.

Pensando a Dario Fo

Pensavo che fosse un ladro, liberamente ispirata a Non tutti i ladri vengono per nuocere, del compianto Dario Fo, si arricchisce di una riscrittura del testo e delle azioni sceniche che sta al passo coi tempi e da cui non è avulsa una certa satira politica.

Un plauso dunque alla Compagnia Capitolo Primo che ieri sera ha rappresentato con quest’opera di non facile interpretazione i tanti volti dell’attuale società, deliziando, con un’ottima performance, il pubblico presente in sala.

 

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