Il tragico confronto con la sanità francese e il tetto di cristallo che il nostro sistema non riesce a sfondare. Mentre la Francia si attesta tra i sistemi sanitari più efficienti d’Europa, l’Italia resta impigliata in una crisi strutturale fatta di disparità regionali, risorse insufficienti e un welfare sociosanitario disgregato. Una parabola discendente, specchio di una nazione che non riesce più a curarsi.


Nel cuore d’Europa esistono due modelli sanitari pubblici teoricamente simili, ma praticamente agli antipodi. Da una parte la Francia, che secondo il confronto europeo stilato da Infodent si conferma tra i sistemi più efficienti del continente. Dall’altra, l’Italia, che pur avendo una delle storie più nobili in materia di sanità pubblica, oggi arranca sotto il peso della disorganizzazione territoriale, della carenza cronica di personale, della frammentazione politica e dell’incapacità di riformare il proprio Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

I numeri, impietosi, raccontano un sistema regionale che non sfonda il “tetto di cristallo” del 55% di performance ottimale (con il Veneto in testa), mentre la Francia, nel ranking europeo dell’accessibilità e qualità sanitaria (Euro Health Consumer Index), si posiziona stabilmente tra i primi tre Paesi, con livelli di soddisfazione dell’utenza superiori all’85%.


I dati a confronto: Italia in affanno, Francia in tenuta

Secondo il XIII rapporto Crea Sanità (2025), l’indice medio nazionale italiano di performance è salito solo dal 35% del 2019 al 38% del 2024, con una forbice territoriale che resta drammatica: il Veneto guida con il 55%, seguito da Trento (50%), mentre la Calabria chiude con un misero 23%. Questi numeri riflettono un sistema che migliora a ritmi inadeguati rispetto ai bisogni di una popolazione che invecchia, si cronicizza e chiede più assistenza sul territorio.

La Francia, al contrario, non solo investe di più – 11,3% del PIL contro il 8,7% italiano (fonte OCSE) – ma dispone anche di una maggiore integrazione tra sanità e sociale, con un sistema di medicina territoriale radicato, un forte utilizzo delle tecnologie digitali, e un piano di prevenzione pluriennale che riduce l’accesso inappropriato agli ospedali.


La soddisfazione dei cittadini: un barometro sociale ignorato

Mentre in Francia oltre l’80% dei cittadini esprime fiducia nei confronti del sistema sanitario, in Italia la soddisfazione media si ferma a 6,8 su 10, con picchi negativi al Sud: Puglia e Basilicata toccano appena quota 5,8, segno di un’utenza disillusa e spesso costretta a rivolgersi al privato. E non si tratta solo di percezione: il 25% delle cure prescritte non viene erogato dal SSN, costringendo le famiglie italiane a una spesa sanitaria privata di 41 miliardi di euro l’anno.


Il dramma del socio-sanitario: un deserto assistenziale

Il confronto è ancora più tragico sul fronte socio-sanitario e della non autosufficienza. Le case di comunità italiane, progettate con il PNRR, restano in gran parte gusci vuoti, spesso senza personale o senza reale integrazione con i servizi sociali. La Francia, invece, ha da tempo sviluppato un modello di assistenza domiciliare e multidisciplinare che si prende carico della persona fragile, con standard minimi garantiti in tutto il territorio.

Il dato italiano sull’assistenza domiciliare integrata (ADI) è disarmante: meno del 3% degli over 65 riceve assistenza regolare a casa, contro il 9,6% francese. In Italia, la non autosufficienza è ancora vista come un problema familiare, lasciato al nero delle badanti, mentre in Francia è una responsabilità collettiva strutturata, con strumenti, fondi dedicati e personale formato.


Un sistema che non si riforma: i fondi, il privato, l’impasse

A peggiorare il quadro è la paralisi politica. L’Italia continua a discutere riforme che non arrivano mai a compimento, mentre la spesa privata cresce, i fondi sanitari restano un’eccezione per pochi, e il personale si riduce: mancano 30mila infermieri e 10mila medici, secondo gli ultimi dati Anaao-Assomed.

Anche i fondi sanitari integrativi, che in Francia sono parte del sistema assicurativo pubblico-privato, in Italia restano strumenti marginali. La Francia riesce ad assorbire le prestazioni extra-SSN attraverso un sistema mutualistico integrato, mentre in Italia il privato è spesso visto come un concorrente da demonizzare, invece che come un possibile alleato in chiave di sussidiarietà regolata.


Il “tetto di cristallo” e la rinuncia all’equità

Il dato più tragico è che anche le Regioni migliori sembrano essersi arrese. Il “tetto di cristallo” del 55% evidenzia limiti strutturali del sistema, ormai inadatto a soddisfare le aspettative crescenti. Come nota Spandonaro del Crea Sanità: “Più il panel alza l’asticella, meno si riesce a raggiungerla. Non ce la si fa con l’attuale impianto organizzativo”.

Il rischio? Un sistema pubblico che garantisce sempre meno e chiede sempre più, lasciando indietro chi non può permettersi alternative. Il principio di universalità è sotto assedio, e l’Italia si avvia a diventare un Paese in cui la salute torna a essere un privilegio di classe.


Conclusione: una sanità diseguale, specchio di una nazione frammentata

Il confronto con la Francia non è solo numerico. È simbolico e sociale. Racconta due visioni: una che considera la salute un diritto da proteggere con strutture solide e integrate, e una che la lascia scivolare in una giungla di responsabilità spezzate tra Stato, Regioni, privato e famiglia.

Il Servizio Sanitario Nazionale italiano non è più “nazionale”, ma un mosaico di prestazioni diseguali, in cui nascere a Trento o a Reggio Calabria fa la differenza tra vivere bene e sopravvivere a fatica.

Mentre la Francia continua a curarsi come Stato, l’Italia ha smesso di curarsi come comunità.

Il risultato è un paese malato, non solo nel corpo della sua sanità, ma nell’anima della sua coesione sociale.


Per ogni percentuale, un cittadino lasciato indietro. Per ogni regione che non sfonda il tetto, una generazione che non vedrà la riforma promessa.

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