Non meravigliatevi di questo libro di oggi, non è la vita del duce ma la sua gioventù, l’autore è proprio lui che lo scrive a 28 anni mentre era in carcere a Forli.
D’altra parte la ricerca dello scrivente è scoprire libri sconosciuti, tutti hanno scritto di Mussolini ma è raro leggere le sue parole sulla sua vita giovanile,
Dalla scrittura capite come era bravo nel descrivere la sua famiglia e le prime impressioni sulla prima guerra mondiale. Sono 150 pagine di un pezzo di storia autobiografica che fa comprendere come avviene il passaggio tra due secoli e nel primo decennio del ‘900.
L’autore racconta di essere nato il 29 luglio 1883 a Varano dei Costa, una località collinare presso Dovia, frazione di Predappio, in Romagna, in una domenica pomeriggio, durante la festa del patrono locale.
I suoi genitori erano Alessandro Mussolini e Rosa Maltoni.
Il padre, nato nel 1856 a Montemaggiore, era figlio di un piccolo possidente caduto in miseria. Non frequentò la scuola e a soli dieci anni fu mandato a Dovadola per imparare il mestiere di fabbro ferraio. Successivamente si trasferì a Meldola, dove venne a contatto con le idee internazionaliste (socialiste).
Divenuto fabbro, aprì bottega a Dovia, un villaggio noto per il carattere turbolento dei suoi abitanti. Qui iniziò a diffondere le sue idee rivoluzionarie, fondando un gruppo che venne poi sciolto dalla polizia.
Rosa Maltoni, madre dell’autore, nacque nel 1859 a San Martino in Strada (vicino Forlì), figlia di un veterinario empirico e di Marianna Ghetti. Proveniva da una famiglia con tre sorellastre (Luisa, Caterina e Angiolina). Studiò a Forlì, ottenne la patente di maestra elementare e insegnò inizialmente a Bocconi (Portico), poi si trasferì a Dovia dove conobbe e sposò nel 1882 Alessandro Mussolini, il padre dell’autore.
L’autore, Benito Mussolini, nacque il 29 luglio 1883 a Varano dei Costa, presso Dovia, frazione di Predappio, in una domenica di festa patronale.
Lui stesso nella prefazione scrive il perchè di questo libro:
L’idea di raccontare la mia vita, e cioè le vicende tristi e liete di cui s’intesse la vita degli uomini, mi è venuta improvvisamente nella notte dal 2 al 3 dicembre, nella cella numero trentanove delle carceri di Forlì, mentre cercavo invano il sonno. L’idea mi è piaciuta e intendo tradurla nel fatto. Ho ventotto anni. Sono giunto, io credo, a quel punto che Dante chiama «il mezzo del cammin di nostra vita». Vivrò altrettanto ? Ne dubito. Il mio passato avventuroso è ignoto. Ma io non scrivo per i curiosi, scrivo invece per rivivere la mia vita. Da oggi, giorno per giorno, ritornerò ciò che fui nei miei anni migliori. Ripasserò per la strada già percorsa, mi soffermerò alle tappe più memorabili, mi disseterò alle fonti che io credevo inaridite, riposerò sotto l’ombra di alberi che ritenevo abbattuti. Io mi scopro. Ecce homo. Ricompongo la tela del mio destino.
Cominciato il 4 dicembre 1911, ripreso il 24 febbraio 1912.
Un libro che vi consiglio di leggere scaricatelo da qui