Angelo Di Summa

Rotariano appassionato e studioso raffinato, Angelo Di Summa è una delle voci più autorevoli nel panorama culturale del Rotary italiano.

Socio del Rotary Club Fasano (Distretto 2120), è stato presidente, assistente del governatore e responsabile della comunicazione distrettuale.

Con orgoglio precisa di essere Socio Onorario del Rotary Club Milano Fiera Porta Nuova.

Laureato in Giurisprudenza, giornalista e autore, ha saputo coniugare rigore intellettuale e spirito di servizio.

Attraverso conferenze, articoli e pubblicazioni – tra cui la trilogia dedicata a Paul Harris – Di Summa ha riportato al centro del dibattito rotariano le origini, i valori e la visione del fondatore del movimento.

Collabora con la rivista ufficiale del Rotary con la rubrica “Appunti harrisiani” e ha tenuto interventi in tutta Italia per riscoprire la dimensione umana, ideale e storica dell’essere rotariano oggi.

In questa intervista ci accompagna in un viaggio tra memoria e futuro, per rileggere il Rotary non come semplice associazione, ma come progetto di vita.

di Tommaso Garofalo

L’INTERVISTA

COSA L’HA AFFASCINATA DI PIÙ NELLA FIGURA DI PAUL HARRIS?

Un uomo che concepisce un movimento che, partendo da un lontano incontro tra quattro amici, oggi supera la soglia dei 120 anni di esistenza ed è diffuso in tutto il mondo, è già di per sé affascinante. Ma di Paul Harris mi hanno sempre colpito la complessità intellettuale e il suo essere profondamente e continuamente nella storia e al di là della storia. Nella storia con la sua fede in un destino progressivo della sua creatura che tenga man mano conto del succedersi degli eventi e dei cambiamenti del mondo e delle genti. “Questo – diceva – è un mondo che cambia e dobbiamo esser pronti a cambiare con esso. La storia del Rotary verrà scritta e riscritta”. Al di là della storia con la sua visione evoluzionista che, in uno scontro continuo e spesso doloroso tra le forze del progresso e quelle del regresso, dal primo sapiens giunge fino al raggiungimento pieno della fratellanza universale.

QUAL È, SECONDO LEI, IL MOMENTO PIÙ SIMBOLICO DELLA STORIA DEL ROTARY?

Penso a un crinale importante: la Grande Guerra. Quando il Rotary, dandosi una mission sovranazionale, sceglie la visione di Paul Harris del clean business e si pone al servizio, con i valori corporativisti del fordismo e con l’utopia del presidente Wilson di un mondo in pace e senza barriere commerciali, di una visione etica e salvifica del capitalismo, capace di coniugare profitto con armonia sociale e progresso di way of life personale e comunitaria. Inizia allora l’età d’oro del Rotary, tra le due guerre mondiali, che qualcuno definirà Rotarian Age.

PERCHÉ HA SENTITO IL BISOGNO DI SCRIVERE “PAUL E IL RAGAZZO”?
A CHI LO HA DEDICATO IDEALMENTE?

L’occasione ultima fu la richiesta di mio figlio di diventare rotariano. Al fondo c’era la mia esigenza personale di darmi ragioni più autentiche a un modello di sociabilità che avvertivo nella pratica come troppo superficiale e occasionale. In altre parole, cominciai a pormi la domanda: qual è il senso vero dell’esperienza rotariana? Per cercarlo però capii che dovevo guardare più al passato che al presente. Forse, pensai, il passato può aiutarmi a capire il presente. Idealmente però vorrei dedicarlo a una nuova generazione di rotariani autentici e consapevoli del proprio ruolo e del destino del movimento.

NELLA SUA ESPERIENZA, IL ROTARY ITALIANO HA SAPUTO RESTARE FEDELE ALLO SPIRITO DEI FONDATORI?

Il Rotary italiano, soprattutto nel periodo fra le due guerre mondiali, con le sue istanze élitiste, è stato un modello particolare, per molti aspetti diverso da quello tradizionale americana. È pure da considerare le problematiche connesse all’ambivalente rapporto con il regime fascista, che lo costrinse a una quasi impossibile coniugazione “nazionalista” dell’internazionalismo rotariano. Fu comunque un’esperienza fondamentale di modernizzazione, continuata nel secondo dopoguerra, fino agli anni ’60, quando il Rotary ha accompagnato la rinascita industriale dell’Italia con il modello della distrettualizzazione. Il Rotary, tanto per fare un esempio, ha presieduto alla nascita dell’Istituto Tumori di Milano ed è stato pioniere del meridionalismo e della realizzazione delle prime autostrade, la Milano-Torino e la Napoli-Caserta. Italiano era anche Sergio Mulitsh, l’ideatore della campagna Polio Plus. Oggi purtroppo non si può parlare più di uno specifico italiano dell’esperienza rotariana.

COSA CI INSEGNANO I PRIMI ANNI DEL ROTARY AMERICANO SULL’IDENTITÀ del MOVIMENTO?

Il Rotary, che è nato il 1905 come business club, promettendo ai soci “affari e amicizia”, ha contribuito a creare una cultura di classe a una vasta borghesia americana, uscita in drammatica crisi dalla guerra di secessione e schiacciata da uno sviluppo industriale senza regole e senza valori: una cultura di classe ben presto indirizzata verso la responsabilità sociale, secondo il principio del “servizio”.

ESISTONO, A SUO AVVISO, ROTARIANI “ESEMPLARI” NELLA STORIA ITALIANA DA RISCOPRIRE OGGI?

Sono tanti i nomi esemplari della vicenda storica rotariana: da Giovanni Agnelli a Piero Pirelli, da Gianni Caproni, grande costruttore aeronautico, a Guido Donegani della Montecatini, a Guglielmo Marconi, dal senatore Borletti, fondatore della Rinascente, a Binda e Donzelli, allora proprietari delle maggiori cartiere italiane, da Silvio Crespi del “Corriere della sera” a Luigi Mangiagalli, ginecologo e sindaco di Milano e tanti tanti altri. Ovviamente parliamo di altri tempi e, forse di altro Rotary. Se parliamo di qualcosa da riscoprire oggi, mi piace ricordare il “Manifesto della cultura rotariana” di Tristano Bolelli.
Come possiamo raccontare la storia del Rotary ai giovani in modo coinvolgente e non retorico?
Raccontandola come storia, cioè con tutto il rigore scientifico e anche, se necessario, critico, e non come propaganda.

QUAL È L’ERRORE COMUNICATIVO PIÙ COMUNE CHE UN ROTARY CLUB PUÒ COMMETTERE OGGI?

Tecnicamente la gran parte della comunicazione odierna o non supera gli stessi ambienti rotariani, sempre più chiusi nell’autocelebrazione e nell’autoreferenzialità, oppure transita su canali social, come Meta, che oggi sono disertati dalle nuove generazioni. Restano, certamente preziosi ma insufficienti, i media locali. Nella “grande” comunicazione il Rotary sembra non aver più voce. Il problema però credo sia un altro: il contenuto della comunicazione. Un tema vastissimo, che richiederebbe un vasto dibattito anche perché rimanda direttamente al tema dell’identità.

CHE RUOLO HA L’IMMAGINE PUBBLICA NEL COSTRUIRE CREDIBILITÀ POLITICA E FIDUCIA ATTORNO AI PROGETTI ROTARIANI?

L’immagine pubblica è buona lì dove i Club progettano a misura dei bisogni concreti della comunità locale e procedono, sporcandosi le mani in senso professionale, attraverso il coinvolgimento diretto della stessa comunità.

RITIENE CHE IL ROTARY COMUNICHI BENE IL PROPRIO IMPATTO A LIVELLO LOCALE?

La risposta non può non variare da luogo a luogo, da gruppo di persone a gruppo di persone, da progetto a progetto. L’esercizio di una leadership, nel senso dell’esercizio responsabilmente sociale dell’eccellenza professionale e imprenditoriale, che dovrebbe caratterizzare i rotariani, non è un’astrattezza, ma va storicizzata.

COSA DISTINGUE UNA COMUNICAZIONE ROTARIANA ETICA DA UNA COMUNICAZIONE PROMOZIONALE?

La stessa distinzione che passa tra la storia e la propaganda.

LEI CURA RUBRICHE E PUBBLICAZIONI: COME SELEZIONA LE STORIE DA RACCONTARE?

Se mi consente, parlerei di storia non di storie. Esercito il diritto di orientare la mia curiosità intellettuale verso momenti e personaggi che di volta in volta mi “parlano”. Sulla rivista nazionale del Rotary da oltre cinque anni sto cercando di seguire un racconto storico secondo cronologia. Ma, per esempio, è in preparazione dall’editore un libro su un tema che mi ha “provocato”: quello controverso del rapporto tra Rotary e Massoneria.

COSA SIGNIFICA OGGI PER LEI ESSERE UN ROTARIANO?

Lo storico è un esperto del passato e spesso zoppica sui verbi al presente o al futuro. Mi piacerebbe che ancora una volta avesse ragione Paul Harris con il suo appello alla “fratellanza internazionale di uomini legati da un comune ideale, quello del servizio”. Non è una fuga nella metastoria: Paul Harris parlava di uomini la cui “eccellenza” era tutta da costruire operando nella storia, soprattutto quella sociale e economica, da professionisti e imprenditori.

LA REGOLA DELLE 4 DOMANDE HA ANCORA VALORE?
IN CHE MODO VA REINTERPRETATA NEL NOSTRO TEMPO?

La cosiddetta regola delle 4 domande era un principio validissimo, dettato appunto a imprenditori e professionisti, per una regolamentazione etica delle relazioni sociali e commerciali e rispondeva al principio, proprio della migliore cultura americana del Novecento, di conciliare idealismo e utilitarismo. In questo senso è tuttora valida. È tuttavia una forzatura propagandistica volerne fare un principio etico assoluto, al di là di un pur rispettabilissimo contesto valoriale legato appunto all’utilitarismo.

QUAL è il VALORE ROTARIANO CHE RITIENE PIÙ in CRISI? E QUALE PIÙ ATTUALE?

La leadership come esercizio critico e autocritico, anche per quanto attiene l’essere del movimento e l’identità rotariana storicizzata. Oggi il Rotary, che un tempo dibatteva anche con vivacità e, talora, drammaticità, di sé e del proprio collocarsi nella storia, sembra avviato a una pratica di mera accettazione di parole d’ordine calate dall’alto.

HA MAI PENSATO UN “MANUALE ETICO” PER i GIOVANI ROTARIANI?

Mai. I “manuali” sono pericolosi perché rischiano di ridurre a mera ideologia ciò che dovrebbe essere esperienza storica.

COSA DOVREBBE FARE il ROTARY PER RESTARE RILEVANTE NEI PROSSIMI 20 ANNI?

È una domanda da non fare allo storico. Il Rotary nella sua storia è stato certamente rilevante. Oggi lo è? E quanto lo è? Quanto lo sarà fra 20 anni? Chi può rispondere, soprattutto considerando il ritmo vorticoso dei cambiamenti? Pensi che oggi c’è chi sostiene che l’intelligenza artificiale farà presto scomparire intere figure professionali. Chi e cosa saranno i rotariani fra 20 anni?

COME IMMAGINA il VOLTO DEL ROTARY NEL SUD ITALIA TRA DIECI ANNI?

Vale la risposta precedente.
Il digitale e le nuove tecnologie sono un’opportunità o un rischio per lo spirito rotariano?
Ciò che è nuovo – vale per il digitale o per l’intelligenza artificiale – è sempre bivalente: opportunità e rischio. Dipende dall’uso che se ne fa e dallo spazio che gli si fa occupare nel quadro dell’esperienza generale.

SE POTESSE DARE UN SOLO CONSIGLIO a UN GIOVANE CHE ENTRA NEL ROTARY, QUALE SAREBBE?

La stessa rivolta nel 1809 da Ugo Foscolo agli italiani: ti esorto alle storie. Approfondisci il senso antico e nobile della tua identità e aggiornalo nell’esperienza professionale progettante, tramite il Club, nella tua comunità.

ROTARY, VETRINA O VALORI?

Come sosteneva Paul Harris il Rotary è sempre work in progress. Può essere valore e tradimento del valore o, meglio, può essere e può non essere.
Lavoriamo insieme perché sia sempre più all’altezza della sua storia migliore.

Nota
Le risposte di Angelo Di Summa sono state integralmente riportate così come ricevute.
Non ne è stato alterato o cambiato il senso delle stesse.

 

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Nota del redattore

Tommaso Garofalo scrive per il web su diverse testate giornalistiche, occupandosi di storie del
territorio, dialogo interculturale e cooperazione.
È attivo nel Rotary e promotore di iniziative tra Italia e Balcani.

 

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