La Corte Suprema valuta la richiesta di Bayer: in gioco risarcimenti miliardari e il futuro dell’erbicida
Il 30 giugno scorso, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ufficialmente richiesto l’intervento del Dipartimento di Giustizia per esprimersi sulla richiesta della casa farmaceutica Bayer di bloccare le cause relative al Roundup, l’erbicida a base di glifosato sviluppato originariamente da Monsanto.
La multinazionale tedesca punta a ottenere un giudizio che, se favorevole, limiterebbe ulteriormente i contenziosi statali. Tra i casi in discussione, quello di John Durnell, in cui la Corte Suprema dello Stato del Missouri aveva confermato un risarcimento di 1,25 milioni di dollari per un linfoma non-Hodgkin attribuito all’esposizione al glifosato, decisione che Bayer contesta con forza.
Il ricorso alla Corte Suprema, che finora aveva sempre evitato di pronunciarsi su casi analoghi, segna un passaggio cruciale. Infatti, potrebbe rappresentare l’avvio di una linea difensiva coordinata e definitiva, con effetti destinati a superare il singolo verdetto.
La Corte Suprema USA decide sul destino legale del Roundup: in gioco miliardi (ph web)
Tra gli scenari possibili, si profilano il ritiro del Roundup dal mercato statunitense o il ricorso alla procedura di Chapter 11, utile a isolare le ingenti passività legali legate ai risarcimenti richiesti per i presunti danni alla salute.
La vicenda nasce dall’acquisizione, nel 2018, di Monsanto da parte di Bayer per 63 miliardi di dollari. La storica multinazionale statunitense, leader nel settore agrochimico e biotecnologico, aveva sviluppato e commercializzato il Roundup, un erbicida a base di glifosato, utilizzato in tutto il mondo soprattutto in abbinamento a colture geneticamente modificate per resistere all’azione del diserbante.
La sua diffusione è cresciuta di pari passo con l’espansione dell’agricoltura OGM, fino a diventare uno standard nella gestione dei campi. Presentata come un passo strategico per affrontare le sfide dell’agricoltura moderna, l’acquisizione si è rivelata invece una bomba a orologeria.
Nel 2015, però, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), organismo collegato all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha classificato il glifosato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo”. Un giudizio basato su studi epidemiologici e prove di laboratorio, che ha dato il via a una lunga stagione di azioni legali, in particolare negli Stati Uniti.
Negli Stati Uniti, dove il Roundup è stato usato per decenni sia in ambito agricolo che domestico, decine di migliaia di persone hanno fatto causa a Monsanto sostenendo che l’uso prolungato del prodotto abbia provocato un linfoma non-Hodgkin, una forma di tumore del sistema linfatico.
La prima sentenza di rilievo risale al 2018, quando un giardiniere della California, Dewayne Johnson, ha ottenuto un risarcimento di 289 milioni di dollari, poi ridotto in appello a circa 21 milioni. Quel verdetto ha aperto le dighe. L’anno successivo una coppia della California, Alva e Alberta Pilliod, ha ricevuto un risarcimento iniziale di due miliardi di dollari, anch’esso poi ridotto.

Dewayne Johnson, il primo cittadino a vincere una causa contro Monsanto per danni attribuiti al glifosato (ph web)
Oggi, a distanza di quasi sette anni, i numeri raccontano una storia drammatica. Al 31 gennaio 2025, su circa 181.000 denunce legate al glifosato, quasi 114.000 sono state risolte in via amichevole, ma il conto continua a salire.
Bayer ha già versato oltre 10 miliardi di dollari per chiudere buona parte delle controversie nel 2020, eppure le nuove condanne non accennano a fermarsi e circa 67.000 cause risultano ancora pendenti. Negli ultimi mesi, la pressione giudiziaria si è intensificata con sentenze sempre più pesanti.
Nell’ottobre 2024, la giuria del tribunale di Philadelphia ha riconosciuto che la malattia di William Melissen era legata a un uso pluridecennale del Roundup e ha condannato l’azienda a pagare 78 milioni di dollari. A marzo 2025, una nuova sentenza ha stabilito un risarcimento record di 2,1 miliardi di dollari.
La situazione è diventata così insostenibile che il CEO di Bayer, Bill Anderson, ha ammesso pubblicamente le difficoltà dell’azienda. In una dichiarazione recente, ha riconosciuto che le troppe cause legali stanno prosciugando i fondi destinati alla ricerca.
Allo stesso tempo, ha tentato di difendere il prodotto sostenendo che senza questo diserbante la spesa alimentare per una famiglia americana potrebbe aumentare del 40%. Bayer fattura oltre 50 miliardi di dollari.
A breve un nuovo capitolo dedicato agli sviluppi più recenti della vicenda.