Quando chi inquina vende anche la cura

 

Mentre i tribunali americani continuano a infliggere risarcimenti miliardari a Bayer, le autorità sanitarie restano divise sul rischio associato al glifosato. Al centro del dibattito non c’è solo una molecola, ma l’intero equilibrio tra agricoltura industriale, salute pubblica e responsabilità d’impresa.

Questa seconda puntata entra nel cuore di un conflitto dove scienza, giustizia ed economia parlano linguaggi diversi. Un caso in cui gli studi tossicologici si scontrano con le testimonianze dei pazienti e in cui una domanda è d’obbligo: può una multinazionale contribuire all’insorgenza di una malattia e trarne profitto curandola?

 

Divergenze sulla pericolosità del glifosato

Dal punto di vista scientifico, il glifosato continua a dividere la comunità internazionale. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), collegata all’OMS, lo ha classificato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo”. Al contrario, enti regolatori come l’EFSA in Europa e l’EPA negli Stati Uniti il prodotto è sicuro se usato correttamente.

Questo scarto nelle valutazioni si riflette anche sul piano normativo e giudiziario. In Francia e in Germania sono state introdotte restrizioni all’uso del glifosato, mentre in Canada e Australia i tribunali hanno respinto i ricorsi contro Bayer, giudicando insufficienti le prove di un nesso diretto tra esposizione e insorgenza della malattia.

La divergenza non è solo tecnica, ma strutturale. Le agenzie regolatorie si basano su test standardizzati e analisi statistiche aggregate. Le giurie americane, invece, decidono su testimonianze personali e perizie mediche, spesso fondate su correlazioni più che su prove di causalità certa.

Ne risulta un quadro frammentato. La stessa sostanza può essere considerata sicura da un’autorità sanitaria e pericolosa da un tribunale. È questa incoerenza, più del singolo verdetto, a rendere il caso Bayer-Monsanto emblematico delle contraddizioni che segnano il rapporto tra scienza, giustizia e industria.

 

Al centro delle contestazioni, i possibili effetti cancerogeni del Roundup (ph web)

Il “cerchio della malattia”

Il paradosso più evidente riguarda la natura stessa del modello Bayer. La stessa azienda, accusata di vendere un erbicida sospettato di causare linfomi, produce anche farmaci per curarli. Uno di questi è Polivy (polatuzumab vedotin) indicato per trattare alcuni tipi di linfoma non-Hodgkin.

È il cosiddetto “cerchio della malattia”, un meccanismo che solleva interrogativi etici e apre un dibattito, che va oltre la salute pubblica, e che tocca l’economia delle multinazionali e la trasparenza scientifica.

 

La strategia di Bayer

Travolta da un contenzioso fuori controllo, Bayer ha iniziato a valutare ipotesi estreme. Tra queste, il fallimento della controllata Monsanto per separare le passività legali dal resto del gruppo.

Intanto, sul piano pratico, l’azienda ha eliminato il glifosato dai prodotti destinati ai consumatori americani, sostituendolo con sostanze non al centro di controversie legali. Sul fronte giudiziario, ha chiesto l’intervento della Corte Suprema, sostenendo che le etichette del Roundup sono conformi alla normativa federale e non giustificano ulteriori cause.

La strategia difensiva ha ottenuto alcuni risultati. In Stati come il North Dakota, sono state introdotte leggi che limitano la possibilità di avviare nuove cause. La Corte d’Appello di Filadelfia ha stabilito che, in certi casi, le normative federali prevalgono su quelle statali, offrendo a Bayer uno spiraglio per chiudere diversi contenziosi.

 

La comunità scientifica resta divisa sulla pericolosità del glifosato (ph web)

L’emorragia dei risarcimenti

Ma si tratta, finora, di successi parziali. L’emorragia finanziaria prosegue. Il titolo Bayer ha perso oltre il 50% del proprio valore rispetto all’epoca dell’acquisizione di Monsanto. Gli accantonamenti per i contenziosi superano i 15 miliardi di dollari. Il rating è sotto osservazione, i dividendi ridotti per conservare liquidità.

Nel frattempo, chi ha lavorato nei campi, chi ha vissuto accanto a colture trattate, chi ha usato per anni il Roundup nel proprio giardino, resta in un limbo: nessuna certezza definitiva sulla pericolosità della sostanza e pochi strumenti per tutelarsi. E ogni nuova sentenza riapre il dibattito: quanta scienza è necessaria per stabilire un danno? E chi ha davvero l’ultima parola?

Gli scenari futuri restano aperti. Un primo esito possibile è una transazione globale che metta fine alle cause con un’unica compensazione forfettaria. Un secondo prevede il fallimento controllato di Monsanto. Il terzo, forse il più probabile, è una battaglia legale ancora lunga, con costi economici e reputazionali difficilmente calcolabili.

Il cosiddetto “cerchio della malattia” non è una novità assoluta. Ma è la prima volta che prende forma concreta e documentata. E il caso Bayer-Monsanto resta, a oggi, uno dei più clamorosi e intricati nella storia delle grandi acquisizioni.

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