DDL Merito, audizione FLP: “Bene garantire i percorsi di carriera dall’interno, ma necessario proporre emendamenti per correggere i punti critici”
“Non siamo contrari pregiudizialmente al DDL Merito, ma alcune cose vanno riviste affinché sia davvero utile alla PA” – dice Marco Carlomagno, segretario generale di FLP, la federazione dei lavoratori pubblici e delle pubbliche funzioni, audita oggi presso la Commissione Affari Costituzionali della Camera – Da un’innalzamento della quota delle posizioni dirigenziali, a un cambiamento sulla previsione della procedura di selezione, dal periodo di tirocinio all’assenza di norme sull’Area delle Elevate professionalità: tutti temi trattati parzialmente o per nulla su cui proporremo i nostri emendamenti affinché il DDL sia efficace”.
“In particolare – spiega nel dettaglio Carlomagno – il DDL Merito prevede che il 30% delle posizioni dirigenziali delle Amministrazioni sia riservato allo sviluppo di carriera dei funzionari interni, ma come FLP riteniamo che tale quota possa essere elevata fino al 50% per garantire una reale valorizzazione delle competenze già presenti all’interno delle amministrazioni, lasciando il restante 50% ai corsi concorsi della Scuola Nazionale dell’Amministrazione”.
“In secondo luogo, non siamo d’accordo con la previsione della procedura di selezione, innescata e basata fondamentalmente sulla relazione del dirigente, che introduce criteri di valutazione e pesatura delle candidature ispirati al vecchio modello del “metodo comparativo”. Questo meccanismo – commenta Carlomagno – rischia di tagliare fuori, sin dall’inizio e senza alcuna possibilità, decine di migliaia di funzionari, e di affidare il destino della carriera del personale alla discrezionalità del dirigente di turno, favorendo potenziali pratiche clientelari”.
“In terzo luogo, allo stesso modo non ci convince la proposta, sempre contenuta nello schema di Disegno di Legge, che prevede, tra l’accesso provvisorio alla funzione e il consolidamento nel ruolo di dirigente, un periodo di “tirocinio” di almeno 4 anni che, a nostro parere, precarizza la funzione e la rende suscettibile di condizionamenti. Vanno inoltre chiariti gli ambiti del contratto individuale sottoscritto dagli “aspiranti“ dirigenti, il trattamento economico e giuridico che gli viene riservato, le correlazioni con la precedente posizione ricoperta da funzionario, il mantenimento del posto in caso di mancata conferma in esito alla procedura. Non solo: nel ddl non si fa menzione a specifiche norme per il rafforzamento anche dell’Area delle Elevate professionalità, ma è necessario definire con urgenza una percentuale congrua di posti da destinare a questa Area in ogni amministrazione, nonché prevedere una procedura in deroga per il personale interno per la copertura immediata delle posizioni indispensabili a supportare l’innovazione e la qualificazione della Pubblica Amministrazione, in vista delle sfide future per il nostro Paese”.
“Forte contrarietà, invece – dice la FLP – sull’altra parte del provvedimento, quella relativa alle performance, che individua, per legge, le percentuali di personale a cui attribuire la valutazione massima e le eccellenze, come pure le modalità di ripartizione delle somme nella disponibilità della contrattazione integrativa. Una norma del genere, ove approvata, entrerebbe a gamba tesa in quelle che sono le prerogative contrattuali”. Una cosa inaccettabile, spiega Carlomagno soprattutto dopo il rinnovo della tornata contrattuale 2022-2024 “che ci ha visti tra i principali protagonisti, e in vista dell’apertura del triennio 2025-2027 su cui il Ministro Zangrillo ha preannunciato a breve l’emanazione degli atti di indirizzo”. “Ribadiamo la necessità che alle parti sociali vada riservato lo spazio che meritano, senza togliere competenze e centralità ai CCNL di comparto, che per noi restano la sede deputata a regolare gran parte di questi aspetti”.
