Leggendo l’articolo del Pd di Basilea e del GiR, emerge una visione che ancora si concentra sul conflitto israelo-palestinese, nonostante l’accordo di pace recentemente raggiunto tra Israele e Hamas. Questo lascia intendere che le iniziative promosse, dibattiti, flashmob e proiezioni di documentari, siano più guidate da motivazioni ideologiche e politiche che da una reale necessità di intervento sul campo.

Da tre anni, il governo di centrodestra guidato dalla premier Giorgia Meloni ha lavorato per ridare all’Italia una credibilità internazionale, che negli anni precedenti era stata minata da governi incapaci di difendere adeguatamente gli interessi nazionali. È evidente che certe frange politiche, anche all’estero, faticano ad accettare questo nuovo ruolo del nostro Paese, e finiscono per continuare a fomentare proteste e iniziative simboliche come quelle descritte.

Va ricordato che i governi di sinistra degli ultimi decenni hanno spesso lasciato l’Italia in una posizione di marginalità in Europa. Oggi, invece, grazie a un approccio pragmatico e centrato sulla reputazione internazionale, il Paese sta riguadagnando rispetto e autorevolezza. La perpetuazione di manifestazioni “pro-Palestina” a Basilea sembra, quindi, più legata a una contrapposizione politica interna che a un autentico impegno per la vita e la libertà dei popoli coinvolti.

Infine, l’articolo chiude con la citazione di Mahmoud Darwish: «E noi amiamo la vita, se troviamo la via per viverla». Tuttavia, la realtà appare diversa: coloro che vivono per protestare senza una causa concreta non sembrano realmente amare la vita, ma piuttosto alimentare tensioni e divisioni. Un vero amore per la vita si manifesta costruendo soluzioni, non ripetendo rituali di protesta che ormai hanno perso significato.

Anna Esposito

 

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