Del 11 Febbraio 2024 alle ore 16:48
L’Opinione di Roberto Chiavarini
Mi rifaccio all’art. 21 della Costituzione che recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” … e io lo faccio.
Invito tutti a leggere fino in fondo questa mia Opinione.
Ripropongo un articolo che scrissi circa tre anni fa e lo riedito proprio oggi che sono diventati tantissimi i focolai di guerra in tutto il pianeta.
TRA CAOS E COSPIRAZIONE C’è chi cospira approfittando del Caos totale che si è venuto a determinare negli ultimi tre anni e che, alcune menti superiori (ma poi non tanto superiori), hanno ingenerato incidendo sugli usi e sui costumi dei cittadini di tutto il mondo oramai globalizzato, per fini e per scopi a noi comuni mortali per il momento non conosciuti.
ALL’ARMI… ALL’ARMI… CHE NULLA SARÁ PIÙ COME PRIMA Ricordate quando tre anni fa, all’alba di un nuovo conflitto sociale assolutamente necessario per combattere un nemico invisibile, il Popolo fu chiamato “all’armi… all’armi…” , grazie anche e soprattutto ad Alte personalità del Vaticano (vestite perfino degli abiti talari, che predicavano il ricorso all’Arma di difesa, costituita da un vaccino prearato in tempi brevissimi, il cui utilizzo, obbligatorio e senza alternativa di scelta, veniva definito, religiosamente, come un “Atto d’Amore” verso il “prossimo”) e da certi politici, molti dei quali “calati” dall’alto dei cieli, che profetizzavano: “ … dopo, nulla sarà più come prima”.
Oggi, ancor più di ieri, appare evidente che, l’Epidemia da Coronavirus (per pura combinazione, naturalmente) sia divenuta funzionale allo stravolgimento sociale dell’intero Pianeta, perfino dell’amata America, patria del Diritto e di Democrazia (benché la loro recente storia è stata inquinata da tante ingiustizie, pensiamo a quella subita dai nostri Connazionali Sacco e Vanzetti), si è italianizzata attraverso dinamiche sociali, amministrative e giudiziarie che, noi di questa parte del mondo, abbiamo già conosciuto e verificato sulla nostra pelle nei decenni passati.
Forse per questo, in molti definiscono l’Italia, come un Laboratorio di sperimentazione di Ingegneria Sociale.
Certo è che la situazione potrebbe sfuggire di mano a quelle “Menti superiori” e la fine della intera Umanità, potrebbe essere più vicina di quanto si possa immaginare.
Basta una semplice scintilla e, comunque la si racconterà poi, sulle responsabilità dei Potenti e dei Prepotenti che l’avranno causata, tutto deflagrerà.
Ma nessuno dimentichi che, l’imponderabile, biblicamente ipotizzato, è sempre dietro l’angolo.
LO STRANO INSEDIAMENTO DI UN MILITARE Torniamo a tre anni fa e più precisamente al 21 Marzo 2021.
Il Generale Francesco Paolo Figliolo, Personalità dell’Esercito Italiano, è stato individuato dal nuovo Presidente del Consiglio, per “gestire” la emergenza sanitaria In Italia.
Perché un Generale dell’Esercito e non un Virologo e/o uno Scienziato?
Eppure, sarebbe bastato accendere il televisore, per selezionare uno dei tanti “Scienziati”, che pure si avvicendano ogni minuto nei vari palinsesti delle Tv nazionali.
La domanda che in tanti mi stanno ponendo in queste ore, è: “perché la scelta è ricaduta su una figura Militare?”.
Certo, è un uomo aduso ai campi di battaglia, è un Esperto di logistica bellica, è apprezzato a livello internazionale dai Paesi alleati.
Forse perché la similitudine, tra una epidemia e la guerra, faccia maggior presa nell’immaginario collettivo?
Resta il fatto che nessuno ci dice perché un militare.
IL PADRE DI MIO PADRE Ahhh, la Guerra…
Mio padre, mi raccontava spesso della Seconda Guerra Mondiale che, lui, aveva vissuto da adolescente e del bombardamento che distrusse Brindisi nel 1943.
In quello stesso anno, mio padre perse suo padre, il quale, nel tentativo tempestivo quanto vano di salvare una bambina che giocava, ignara, sotto un muro pericolante di una casa bombardata, perì insieme a quella piccola bimba innocente, sotto l’ammasso dei tufi che crollarono addosso a tutti e due.
Il padre di mio padre, fu seppellito al Cimitero, dopo tre giorni, perché fu difficile identificarlo.
A seguito di quel grave episodio, a mio padre fu riconosciuto lo stato di “Orfano di Guerra”.
L’AZZERAMENTO SOCIALE
L’indomani mattina di quel bombardamento, la popolazione brindisina fuggì sfollata verso l’entroterra salentino, San Pietro Vernotico, Cellino San Marco, San Donaci, Trepuzzi.
La gente lungo la strada principale, oggi “provinciale per Lecce”, camminava in fila indiana con la paura del ritorno degli aerei nemici.
Lungo quella fila, numerosi erano i “Birocci” che proseguivano il loro lento cammino.
Per intenderci, parlo dei Carri utilizzati solitamente dai contadini, sui quali, quel giorno, oltre alle persone affette da problemi motori, vi erano collocate anche le vettovaglie e le suppellettili varie, insomma, il patrimonio della gente modesta di quel tempo.
Su uno di quei Birocci, nella parte retrostante, volgendo le spalle al carrettiere, sedevano due uomini, le cui gambe a penzoloni nel vuoto, assumevano un andamento ondulatorio simile ad un improvvisato quanto scoordinato balletto, per via dei sobbalzi e dei sussulti determinati dall’andamento un po’ insicuro e dinoccolato di quel carro.
Uno di quei due uomini, era un noto disagiato, che passava gran parte delle sue giornante nelle cantine della cittadina, a bere vino e inzuppando dentro il pane raffermo, mentre, l’altro, era un nobile dal cognome altisonante, di chiara origine spagnola (a Brindisi, c’è stata una forte influenza spagnola a causa della dominazione dei secoli passati e, in una percentuale molto alta, i cognomi dei Brindisini hanno, appunto, la radice spagnola) il quale, in tempi di pace, quando andava lungo la via, non guardava in faccia nessuno.
Ed andava con un passo veloce e con un atteggiamento altezzoso ed arrogante.
Quel giorno, il nobile, al quale facevo cenno prima, spogliato dei suoi panni di scena utilizzati sul palcoscenico della vita, finì per condividere, con quell’occasionale e disagiato compagno di viaggio di umilissime origini, il pane raffermo e il fiaschetto di vino, che si passavano di mano in mano, di bocca in bocca, per bere un sorso per uno di quel vino, cantando a squarcia gola, nella allegria più sfrenata.
E a poco servivano le precauzioni igienico-sanitarie di quel passaggio di bocca in bocca.
La loro allegria, rafforzava le difese immunitarie.
E, presumo che, la vitamina D, alimentata dal sole che splendeva quel giorno in cielo, facesse il resto.
Mio padre, che ne era stato l’involontario testimone, di quella insolita quanto incredibile scenetta da teatro, mi raccontava che, nel commento di chi era in fila in quella circostanza, si evidenziava come quei due avessero trasformato la paura, esorcizzandola, in una allegra ubriacatura.
L’aspetto più interessante di quel racconto di mio padre, stava nel fatto che la guerra aveva azzerato tutte le differenze sociali, tutto era appiattito.
E quando mio padre, negli anni 60’, mi raccontava quel momento bellico di vita vissuta, esaltando la figura eroica di suo padre, immancabilmente, scivolava, poi, nella narrazione di quell’episodio legato a quei due uomini sul carro ed io avevo l’impressione d’averle realmente vissute entrambe quelle storie, in prima persona, benché a quell’epoca dei fatti non fossi ancora nato.
D’altronde, nel 1943, mio padre aveva appena 17 anni.
Ed ancora oggi, quelle scene, ce l’ho ancora vive negli occhi.
Tanto vive che, quanto sta accadendo in questi mesi, mi pare abbia delle analogie con il racconto di mio padre, in tema di azzeramento sociale, naturalmente.
GUERRA MONDIALE E CORONAVIRUS MANIFESTA INCONGRUITÀ
Fermo restando che, il Coronavirus, non si può paragonare assolutamente ad una Guerra, perché chi lo dovesse sostenere, lo farebbe con scarso senso di obiettività.
La Guerra, è un’altra cosa ed è gestita da coloro che credono di ridurre in schiavitù i propri simili, spargendo sangue, terrore e morte.
Recenti ricerche storiche, hanno stimato che, nel corso del secondo conflitto mondiale, ci furono milioni di morti, oltre ad altri milioni di feriti, tantissimi mutilati gravi.
Quindi, la Guerra mondiale, non ha nulla a che vedere con il Coronavirus, per “manifesta incongruità”.
E poi, chi ha vissuto la Guerra, è stato testimone e/o protagonista di atrocità, che non ha mai più cancellato dalla propria mente e dal proprio corpo.
L’EROE DIMENTICATO A proposito di ferite rimaste nelle mente e nel corpo, ricordo, un grande invalido di Guerra, vissuto a Brindisi, un ex Ufficiale della Marina Militare che, negli anni 60’ usciva d’estate, peraltro solo la domenica pomeriggio, accompagnato dall’immancabile autista, un Marinaio in servizio presso il Comando di Brindisi.
Si sedeva al tavolino, posizionato sul piazzale antistante di un rinomato Bar della cittadina, per degustare il suo caffè.
Indossava la sua Divisa bianca, quella degli Ufficiali, ornata dai fregi e dalle Croci di Guerra.
Aveva il corpo ed il viso deturpato dall’incendio della sua nave da Guerra.
Le mani ed il volto sfregiati dalle bruciature, uscivano fuori da quella divisa bianca, sempre immacolata.
Stranamente, a noi ragazzini, non faceva né paura né orrore quel volto, anzi, eravamo affascinati da quell’uomo Eroe, che osservavamo da lontano, con rispetto e devozione, in definitiva con lo stesso rispetto che portavamo per i nostri genitori, così come, per educazione cristiana ricevuta, era d’uso a quei tempi.
Si, era il nostro Eroe, che alimentava le nostre fantasie adolescenziali d’avventura e, comunque, eravamo religiosamente sempre tanto grati a chi, con il proprio sacrificio, aveva garantito, a noi discendenti, la Libertà.
Ma la nostra comunità cittadina, oggi, ha dimenticato il nostro Eroe. Non una via intitolata al suo valore, non una menzione sui libri di storia della nostra comunità, non una citazione nelle scuole per mantenere vivo il suo ricordo.
D’altronde scriveva Antonio Gramsci: “La storia insegna, ma non ha scolari”.
Con questa affermazione, lo Statista, intendeva rimarcare che gli errori si ripetono tra i corsi e i ricorsi della storia a causa della sordità dell’uomo, che non intende imparare la lezione che viene dal passato.
Si dimentica tutto in fretta, soprattutto si disperdono gli ideali e i valori espressi da vite sacrificate in nome della Libertà, ma anche dalle sofferenze.
Per questo, i frutti che si raccolgono dall’albero avvelenato dalle ideologie, producono solo violenza e odio rinnovati.
LE GUERRE MALE ASSOLUTO DELLA STORIA
Insomma, le guerre, a torto o a ragione, sono in assoluto il male della storia, comunque la si scriva e chiunque la scriva e, questo, è indiscutibile.
Poiché, i conflitti mondiali, rappresentano l’incarnazione dello spirito malvagio, che emerge dallo spettro dell’essere umano e lo spinge verso le più disparate forme di atrocità e di crudeltà assoluta.
E non se ne può parlare tantomeno in questo momento storico, a poco più di 80 anni dall’inizio della Seconda Guerra mondiale, facendo improbabili quanto incongrui paragoni con le epidemie virali, anche e soprattutto in rispetto ai protagonisti di quell’epopea bellica che, oramai, son tutti morti: vittime e carnefici.
Ma non è ancora morta la retorica che mistifica l’essenza di quello stravolgimento della intera Umanità.
Eppure, noi siamo figli di quella guerra, di quei morti, ma anche di quegli uomini innocenti e puri (data la giovine età) che hanno creduto di sacrificare la loro vita in nome della Libertà.
Di quella gente che ha sacrificato la propria vita, in nome e a beneficio delle future generazioni.
Quanti fiumi di sangue versati inutilmente!
I RAMI GENERAZIONALI
Immaginate se, i milioni di uomini che perirono in quel Conflitto mondiale, civili e militari, soprattutto giovani soldati, non fossero mai morti, se quella guerra non fosse mai state dichiarata, quanti rami generazionali e, dunque, discendenze avrebbero prodotto quelle vittime negli anni a venire, se solo fossero sopravvissute?
Rami generazionali che, a loro volta, in questi ultimi ottanta anni, avrebbero potuto generare altre centinaia di milioni di bambini che, purtroppo, non nasceranno mai più e che non conosceranno mai la realtà di questo mondo.
Signori, in nome di quei bambini mai nati, per carità, smettiamola di fare paragoni inaccettabili.
La Guerra, è un’altra cosa.
E, poi, durante la Guerra, per la follia di molti, fu stroncata una intera Generazione di giovani Militari.
LA GUERRA BATTERIOLOGICA A meno che, sotto l’apparente disastro provocato dalla epidemia, non si nasconda una Guerra Mondiale batteriologica.
Nel qual caso, se mai un giorno dovesse essere stabilita una eventualità del genere, dovremo riscrivere tutta la Storia recente. Ma proprio tutta.
Il Coronavirus, comunque vada, coi Giovani, ha poco a che fare. Altroché!
E intanto, il Popolo, sfiancato dagli ultimi eventi incontrollabili e in molti casi invisibili, sventola Bandiera Bianca.
ROBERTO CHIAVARINI
Opinionista di Arte e Politica
L’articolo La guerra mondiale e il coronavirus è già apparso su Corriere di Puglia e Lucania.