Editoriale di Daniela Piesco co-direttore Radici 

A quanti di voi è capitato,recandosi presso uno sportello del Centro Unico Prenotazioni (C.U.P.) di una struttura sanitaria pubblica per effettuare una prenotazione di una prestazione sanitaria, sentirsi rispondere che la stessa non si sarebbe potuta effettuare prima di un tempo oggettivamente lungo? In molti, poi, si adeguano ed attendono o, addirittura, decidono di lasciar perdere a causa di questi tempi esagerati per le liste d’attesa.

La Legge, però, va incontro al cittadino prevedendo tempi massimi che le aziende sanitarie sono tenute a rispettare: la disciplina che indica come poter esercitare il proprio diritto è offerta dal D. Lgs. 29 aprile 1998, n. 124.

Preliminarmente è opportuno chiarire che il medico prescrittore deve obbligatoriamente e precisamente indicare sul ricettario se si tratta di prima visita (o primo esame) ovvero di accesso successivo, il quesito diagnostico (il quale descrive il problema di salute che motiva la richiesta di effettuare la prestazione sanitaria) e la classe di priorità.

Quest’ultima definisce i tempi di accesso alle prestazioni sanitarie. Vi sono quattro classi : “U” (urgente) per la quale la prestazione è da eseguire nel più breve tempo possibile e, comunque, entro 72 ore;
“B” (breve) secondo cui si deve eseguire entro 10 giorni;
“D” (differibile) e quindi la prestazione è da operare entro 30 giorni se trattasi di visite, mentre 60 giorni se si discute di accertamenti diagnostici;
“P” (programmata) secondo la quale deve eseguirsi entro 180 giorni. In caso di mancata indicazione della classe di priorità, la prestazione richiesta è da intendersi di classe “P”.

L’art. 3, comma 10, D. Lgs. 124/1998 stabilisce che “le regioni disciplinano i criteri secondo i quali i direttori generali delle aziende unità sanitarie locali ed ospedaliere determinano, entro TRENTA GIORNI dall’efficacia della disciplina regionale, il tempo massimo che può intercorrere tra la data della richiesta delle prestazioni di cui ai commi 3 e 4 e l’erogazione della stessa. Di tale termine è data comunicazione all’assistito al momento della presentazione della domanda della prestazione, nonché idonea pubblicità a cura delle aziende unità sanitarie locali ed ospedaliere”.

Purtroppo, questa comunicazione o “idonea pubblicità” di rado si riscontra nei fatti per non dire che è totalmente assente.

Ma cosa succede, quindi, se allo sportello l’utente/assistito si sente rispondere che è disponibile, per effettuare la prestazione, una data successiva a quella di cui avrebbe diritto?

Ebbene, qualora l’attesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato come affermato sopra,( ex art. 3, comma 13, del Decreto Legislativo detto), l’assistito può chiedere che la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero professionale intramuraria.

La richiesta di ricevere la prestazione in intramoenia deve essere presentata al Direttore Generale dell’Azienda di riferimento e deve riportare i dati personali dell’interessato, l’accertamento richiesto, la prima data disponibile comunicata in fase di prenotazione, specificare l’urgenza, il proprio diritto a conoscere i tempi massimi intercorrenti tra la richiesta di prestazioni e la loro erogazione e, appunto, l’istanza di usufruire, nel caso di impossibilità di rispettare i predetti tempi, di attività libero-professionali in regime intramoenia.

A parere di chi scrive è inoltre opportuno avvisare si da subito il destinatario sul fatto che in difetto di risposte in merito, si provvederà a richiedere (ed effettuare) la prestazione presso una strutturasanita sanitaria privata e che, successivamente, si richiederà il rimborso delle spese sostenute – al netto del costo del ticket (ove dovuto).

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